Solar Suitcase per le sale parto del Terzo Mondo

Ultima modifica 6 Novembre 2015

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Durante un viaggio in Nigeria, la dottoressa Laura Stachel stava facendo assistenza ad un taglio cesareo di emergenza. Durante l’intervento è mancata la luce, ma fortunatamente Laura aveva con sé una torcia elettrica e, in quell’occasione, tutto si è risolto per il meglio. Ma è stato allora che si è resa conto di quanto fosse importante avere una fonte di energia elettrica affidabile in sala parto e in sala operatoria. In assenza di elettricità, ogni tipo di intervento era compromesso: quelli urgenti venivano sospesi e rimandati fino all’alba o, peggio, le donne vicine al parto venivano mandate a casa.

Tornata a casa in California, Laura ha cercato una soluzione e con l’aiuto del marito Hal – docente ed esperto di energia solare – ha ideato un piccolo kit con due pannelli fotovoltaici, alcune torce e un walkie-talkie per le emergenze, la prima Solar Suitcase. E’ tornata in Nigeria, dove le ostetriche sono costrette ad utilizzare ciò che capita: lanterne a petrolio, candele, addirittura telefoni cellulari, per mostrare il prototipo, ma le ostetriche hanno insistito perché non lo portasse via: “Mi hanno detto: è incredibile, devi lasciarcelo, devi lasciarlo qui perché ci può aiutare a salvare delle vite anche adesso”.

In due settimane, Laura ha assistito a più complicazioni in sala parto di quante ne avesse viste negli Stati Uniti in tutta la carriera: “Vedere un lieto evento come quello della nascita associato alla paura e alla morte è inaccettabile. Dopo aver visto ciò che ho visto, dovevo fare qualcosa, tutti dovevano sapere cosa succedeva laggiù”.

Grazie alla Solar Suitcase e solo in quella zona della Nigeria, i medici del posto hanno riferito che il tasso di mortalità femminile era diminuito del 70% e che le ostetriche potevano anche andare a casa delle partorienti portando con sé il sangue per eventuali trasfusioni, poiché la Solar Suitcase dava elettricità al frigorifero della banca del sangue. “Quando io e mio marito abbiamo visto l’impatto del prototipo, ciò mi ha spinto a donare una cosa fondamentale come l’energia a tutti. Oggi disponiamo di un kit molto robusto, semplice da usare e da trasportare, efficace e affidabile quando si opera in contesti difficili”.

Laura e il marito hanno fondato l’associazione senza scopo di lucro “We Care Solar” che fornisce gratuitamente – in Africa, Asia e America Centrale – la “Solar Suitcase” – valigetta con un’autonomia di 20 ore, che contiene due pannelli solari connessi a LED di altissima qualità, torce, un Doppler fetale e un caricabatterie. Laura collabora con la United Nations Foundation e ad oggi ha regalato oltre 400 valigette in 27 Paesi, che vengono utilizzate sia come fonte primaria di energia, che come fonte secondaria in caso di black out.

“Desidero un mondo in cui le donne possono partorire in modo sicuro e dignitoso”, ha detto Laura. “Le donne non devono temere un evento che è considerato una gioia. Prima di andare in Africa, sapevo che il tasso di mortalità femminile era elevato, ma non sapevo che le madri morissero per cose che noi diamo per scontate”.

“Non era nelle nostre intenzioni”, ha spiegato, “rivoluzionare la cura della salute femminile e della maternità nel mondo, ma sentiamo che ciò che abbiamo fatto si sta evolvendo in qualcosa di più grande, qualcosa che non avremmo mai potuto immaginare. Questa Solar Suitcase ha cambiato l’approccio psicologico delle ostetriche e dei medici verso la maternità. Ora lavorano meglio e in modo più affidabile e le madri stesse sono molto più fiduciose quando entrano in ospedale”.

Una piccola rivoluzione, grazie al sole.

Paola Lovera

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