Specchi di memoria

Ultima modifica 20 Giugno 2019

 

Giardini_Frontone_Perugia

Mi è scappato un pezzo proprio oggi, il 27 gennaio, Giorno della memoria. Ho ricordato con una moltitudine di flash un’esperienza meravigliosa di 10 anni fa.

Un’esperienza di pancia che ha segnato in modo indelebile nei nostri cuori un gruppo di bambini ora ventenni,
che ha realizzato, insieme ad un’esperta e a noi insegnanti, uno spettacolo emozionante ed irripetibile.
L’ispirazione è stata la seconda guerra mondiale con la follia nazista e fascista vista attraverso i racconti veri dei nonni e dei bisnonni. I loro dolori, le loro speranze, le loro grida di paura, il silenzio nell’ascoltare la radio, unica fonte di gioia e terrore, l’incomprensione di quel delirio.
I racconti riportati a scuola parlavano di verità.
E’ stato un armonizzare di eventi, di parole dette e ascoltate fino in fondo. Mentre raccoglievamo il materiale c’era entusiasmo ma anche, e soprattutto, grandissima partecipazione di tutti. Un coinvolgimento totale. Quando leggevano i loro temi, tessuti sulle parole dei nonni, gli altri erano seri in silenzio. Un silenzio denso di attenzione ed emozione. E qualche volta è uscita persino una lacrima.
Bambini di 10-11 anni erano così impensabilmente maturi da prendere sul serio un’esperienza e farne qualcosa di personale.
Ricordo che anche la nostra bravissima esperta, nel raccogliere il materiale, era persa tra l’entusiasmo e l’incredulità per cosa si stava mettendo in atto. Era ispirata dagli stessi bambini.
Uno spettacolo itinerante in uno dei giardini più belli di Perugia: i giardini del Frontone.
Stretti viali di lecci annosi da cui uscivano gruppi di bambini a recitare poesie, stralci di racconti di guerra e di oppressione. Scene di vita quotidiana che davano speranza, racconti che i nonni avevano fatto rivivendo le loro sensazioni di bambino.

Voci di bambini parlavano con senso adulto, urlavano e sussurravano con espressione convinta.
Si muovevano concentrati per non rovinare quell’atmosfera. Uscivano, lentamente, con maschere bianche dagli alberi per raccontare il terrore ebreo: una suggestione da far venire i brividi.
Ricordo ancora che tutti gli spettatori avevano gli occhi umidi, un po’ nel vedere la serietà e il rispetto sacro nel dire frasi importanti tipo: “La radio annunciava il bombardamento, e noi lo ascoltavamo chiusi stretti nell’armadio”; un po’ per le emozioni che uscivano dagli stessi visi dei bambini, perché lo spettacolo lo avevano scritto loro.
Era una cosa seria. Una tragedia rivissuta, ricordata con il massimo rispetto.
A volte in questi giorni ci chiediamo se sia giusto “tediare” i bambini, come dice qualcuno, con queste tristi e angoscianti “storie”. Ma credo che invece, con tutta la delicatezza possibile, sia giusto proprio farle conoscere a loro, perché hanno quella sensibilità straordinaria, quel senso della giustizia e dell’ingiustizia ancora poco intaccato dalla superficialità adulta. Io credo che quei bambini non abbiano dimenticato la loro creazione di un momento magico, sospeso nel tempo. “Specchi di memoria” il titolo…Fili di lana intrecciati a cui erano appesi finti vetri spezzati facevano da sipario al nostro teatro naturale. Fili di lana che i bambini all’inizio strappavano come ad aprire uno squarcio per permettere al pubblico di entrare in quella storia che loro ora sapevano raccontare.
Chi ha tolto la storia contemporanea alla nostra scuola “elementare” ha una grande responsabilità: quella di aver tolto tempo specifico alla memoria di certi avvenimenti. Ma tempo si può prendere da ogni altra disciplina per raccontare un pezzo di storia che, per quanto incomprensibile (o proprio perché incomprensibile) non deve essere dimenticata.

Ylenia Agostini   

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