Viva la gita?

Ultima modifica 15 Luglio 2019


gita-scolastica-ee027be9-5105-4686-8925-cc3cabd21946Le gite non sono gite: sono uscite di istruzione. Sempre a cercare il nome giusto per ogni cosa… sì, ma tanto ciò che conta è la sostanza.
Le uscite alla scuola primaria sono sempre educative, anche se si va  a prendere un gelato.
I bambini ancora non sfruttano il teletrasporto, quindi si preparano in classe, ascoltano ogni volta dai propri insegnanti le regole comportamentali utili affinché non si vada sotto una macchina, affinché ci si muova tutti insieme compatti quando si attraversa, affinché non si cammini per una strada starnazzando come anatre. Poi si mettono in fila.
Certe volte mi chiedo cosa penseranno: ma perché dobbiamo stare in fila? Ma perché dobbiamo parlare piano?

E ogni volta si spiega: la fila serve ad un controllo fisico e numerico; la voce bassa serve in primo luogo ad avere nelle orecchie la voce dell’insegnante che deve avvisare per qualsiasi motivo, e poi perché è brutto strillare e ridere sguaiatamente. Mi piace sentire voci di pace allegra per strada.
L’uscita a piedi, per gli insegnanti, è un’occasione per ampliare l’idea della cittadinanza consapevole, per far vivere insieme un posto che qualche bambino non ha mai “passeggiato”.
Poi c’è il rovescio della medaglia: la responsabilità. Ci pensi e ti si stringe lo stomaco: se l’idea di portare per strada 43 bambini supera quella meravigliosa di far vivere loro un’esperienza in più, è la fine.
Per fortuna non è mai successo niente, ma questo non è un motivo per abbassare la guardia.
Oltre al rovescio della medaglia c’è anche chi la medaglia l’ accartoccia pensando che non valga nulla.
Sono un po’ polemica, sì, ma ci sono troppe contraddizioni in questa scuola che viene spinta in avanti ogni giorno da quell’entusiasmo che “sembra non abbiamo più”, come dice il nuovo Ministro della Pubblica Istruzione, per colpa degli stipendi bassi.
  Quando si insegna non si pensa allo stipendio: non c’è tempo. Si dovrebbe vivere almeno un’ora dentro una classe con 20 bambini che hanno bisogno di te, per capire che non c’è tempo di pensare a quanto guadagno in quell’ora. Se non avessimo l’entusiasmo staremmo in classe a fare le addizioni invece di addossarci la responsabilità di portarli fuori.

Ma torniamo a noi.
La cittadinanza consapevole e attiva implica l’uscire dalla scuola per vivere, nel rispetto, il proprio “borgo”. Però c’è un però.
Gli orari ridotti all’osso senza ore di compresenza fanno sì che per organizzare un’uscita si debbano scomodare 3 classi, quando va bene.
Certo è che, se nessuno informa, certe cose non si sanno.

Per portare 43 bambini in “gita” si impegnano 3 insegnanti se non occorre sostegno, altrimenti ce ne vogliono 4. Portare via 4 insegnanti da una scuola, in un solo giorno, vuol dire spostare l’orario di 4 classi per non far perdere ore importanti a chi accompagna, pur non essendo di orario.  Se poi casualmente fosse anche assente un insegnante, allora si dovrebbe dividere la classi o le classi, scombinando il lavoro di tutta una scuola e creando 5-6 supplenti dal nulla, senza che la segreteria faccia una telefonata.image


 Ma noi usciamo lo stesso, nonostante tutti i problemi, le paure, la responsabilità, gli scombinamenti, perché abbiamo appurato che portare i bambini fuori una volta l’anno fa sì che quella volta sfoghino tutto il loro desiderio di uscire, represso per mesi, mentre farli uscire una volta al mese li abitua ad un comportamento sereno e li stimola all’attenzione durante l’uscita.
Se non ci fosse l’entusiasmo, che ancora tantissimi insegnanti tirano fuori dalla borsa, dalla penna, dal cuore, la nostra scuola sarebbe veramente triste e piatta. Noi a scuola ridiamo. Lì c’è una vita da fare con i bambini. L’entusiasmo a scuola è un dovere, come la voglia di far conoscere ai bambini la realtà che li circonda, oltre la LIM. Viva la gita (anche se ogni volta pensiamo “ma chi ce lo fa fare”?)!

Ylenia Agostini

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