Ultima modifica 29 Novembre 2019

Il mio mito di donna rimane la casalinga anni 50.
Le avete mai viste?

Con quel capello curato, che solo mia suocera può sfoggiare in un’attualissima cotonatura agée, quel tacco impeccabile per casa, mentre spolvera, stira o rammenda (chi è ancora capace di cambiare una lampo?).
Il vitino da vespa cinto da un grembiulino che solo Alice nel Paese delle Meraviglie potrebbe trovare.
Me la immagino sempre in stereotipo da pubblicità, col sorriso, pronta a preparare un tacchino ripieno per venti persone, mentre il marito falcia l’erba e i figli, rigorosamente felici, giocano in giardino.

Ovvio che è solo pazzia, mica tutte erano veramente così negli anni 50!

Magari qualcuna voleva fare il pilota d’aereo (e non l’hostess sculettante della Pan Am) o aprire un’officina meccanica, ma non si poteva fare, troppe porte erano chiuse a una madre di famiglia.
Ora siamo nel momento storico diametralmente opposto. In sessant’anni siamo passate da angelo del focolare, a femme fatale, a donna in carriera. Ora ci si aspetta tutto da una donna, con tanto di sorriso e colazione a letto.

Io ho fatto una scelta, consapevole e coraggiosa: ho lasciato il lavoro quando ho capito che sarei diventata madre.
E’ consapevole perché ci ho passato le notti in bianco, combattuta e nauseata (in tutti i sensi) e coraggiosa perché qui, nell’estremo nord est dove abito, il lavoro identifica, rappresenta la tua vita e non è quasi mai solo un mezzo per arrivare alla fine del mese.

Che tipo di donna, prima ancora che madre, volevo diventare?

Solo conoscendo me stessa e sapendo dove volevo andare potevo sperare di essere una guida per questa bambina, che da lì a breve sarebbe arrivata.

donna-felice

Da piccola ero un maschiaccio. Chiedetelo pure a mia sorella.
Passavo i pomeriggi a giocare a calcio nel giardino ghiaioso dietro casa, con Simone, unico amico vero della via.
Mi slogavo le caviglie a settimane alterne. Ma dopo due ore di ghiaccio e impacchi materni via, ripartivo di nuovo.
Mi ricordo ancora la prima gonna che ho deciso di mettere. Avrò avuto dieci anni (cominciava l’ormone impazzito a quanto pare). Era bordeaux, a tubino sopra al ginocchio, insieme con una giacchina.
Non dimenticherò mai quel senso di inadeguatezza.

Mia madre, che ha lasciato il lavoro per problemi di salute, era giovane e vitale. Ora rassegnata. Non era una donna particolarmente curata e nemmeno tanto felice. Per questioni economiche indiscutibilmente, ma soprattutto per un matrimonio sbagliato, che ha ucciso i suoi sogni e la sua energia.

Quando una donna non è felice si legge negli occhi.

Quando una donna non ha il desiderio di ritornare ad essere felice si vede sicuramente dagli angoli della bocca, piegati all’ingiù, e si sente nel tono della voce quando ormai madre a tua volta, la chiami per sapere come va.

Mia suocera, altra fondamentale presenza nel mio panorama femminile, è una casalinga storica. Ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia, come comunemente si faceva quasi quarant’anni fa. Viene da una tradizione di ristoratori e quell’allegria, da cameriera di sala, la accompagna anche ora, che va a cotonarsi ogni venerdì dalla parrucchiera di provincia, dove costa meno, e che non si permetterebbe mai di andare a fare la spesa senza rossetto.

Che tipo di donna sarei diventata io, che giocavo a calcio e avevo davanti a me due esempi diametralmente opposti di casalinga pentita?
Mi sono guardata attorno, mettendoci un pizzico di sale in più, come si fa per l’arrosto.
Ho imparato dagli errori di mia madre, non scordandomi mai di lottare per quello in cui credo (che sia l’asilo in cui iscrivere i figli, la scelta della scuola o anche solo il tubino giusto) ma ho imparato a curare me stessa e a non dimenticarmi mai che per cercare di essere una buona madre prima di tutto bisogna essere felici come donna e come moglie.

Così ogni tanto venerdì accompagno mia suocera dalla parrucchiera, sempre pronta con il gossip del momento.

Magari ci concediamo anche un caffè, rigorosamente fuori con il cappotto per questioni fumose (quante volte le ho sentito dire che deve smettere!). E non mi dimentico mai delle amiche, che sono la mia linfa vitale e mi danno modo di parlare (forse troppo?) e di snocciolare anche le questioni più buie.

Mi ricordo di studiare, leggere e sognare per non essere schiacciata dal peso morale della casalinga di Voghera, che senza stipendio a data fissa si sente sempre in dovere di fare, in debito verso qualcuno (ma la retribuzione rende veramente liberi?).

Sono capitati anche i periodi in cui fare una doccia era un lusso, con due bambini scatenati per casa, ma questo non era che la prova generale per temprare il fisico di una mamma ai batteri dell’asilo (teoria darwiniana).
Son venuti anche i momenti dei risotti collosi quanto il cemento, dell’amore e di occhiaie perennemente circondate dal mal di testa perché i figli che non capiscono qual è l’ora giusta per dormire.

Ma mai smettere di curarsi e di mettersi in gioco, con un pizzico di ironia, per non perdere l’orientamento domestico.

Personalmente in un paio di tacchi io la strada la trovo più facilmente.

® Riproduzione Riservata

La mia vita perfettamente pianificata è scoppiata come una bolla di sapone. Ora ricomincio da me: Sara, una donna separata, mamma single dei due bambini più belli del mondo e commessa part time per semplice necessità economica

2 COMMENTS

  1. Bello, brava!!!!
    Prima di tutto non dobbiamo dimenticare che siamo donne, indipendentemente dal lavoro.
    Certamente, uscire di casa ogni giorno per andare a lavorare, dà una spinta in più per curarsi, truccarsi ed essere sempre in tiro (come quando da soli a casa si tende a non cucinare…mentre se si ha già un marito/figlio/amici si cucina eccome!!).
    Ma ci sono le eccezioni: mamme che non lavorano che si curano più di quelle che escono ogni giorno per andare in ufficio.

    Dipende tutto da come ci si sente dentro.
    Personalmente amo piacermi e stare bene: non potrei mai vivere senza gli abiti o i trucchi che adoro.
    C’è chi si piace ed è felice anche senza tacchi.
    L’importante infatti è sorridere ed essere felici delle scelte fatte.

    bacio
    Vivy

  2. Anche io ho lasciato il lavoro subito dopo essere diventata mamma per colpa di una società che non tutela per niente la donna e soprattutto una mamma! Da questa esperienza ho però imparato che non bisogna mai smettere di mettersi in gioco nella vita!!! Le situazioni cambiano…importante saperle affrontare e soprattutto non smettere mai di sorridere!!!Grazie per il tuo post!!!

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