Cose da non dire mai ad una donna incinta

Ultima modifica 11 Aprile 2020

Se ci tieni alla pelle, leggi qui. Ovvero: cose da non dire mai a una donna incinta.

Questo spazio è frequentato principalmente da mamme o aspiranti tali, ma non solo.
Perciò, qualora non rientrassi nella categoria di quelle che hanno avuto, hanno oppure avranno il pancione, leggi attentamente questo mini vademecum delle cose che mai e poi mai devi dire o fare al cospetto di una donna incinta.

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Questo, naturalmente, se ci tieni a salvare la pelle.
La donna incinta è un essere fragile e sensibilissimo, è vero, ma gli stessi ormoni che la portano a  singhiozzare di fronte alla reclame dei pannolini, possono contestualmente farle afferrare al volo una motosega da venti chili.
E, stanne pur certo, non si farà scrupolo a sperimentare su di te le sue velleità di fine intagliatrice…

Ma daaaaaaaaai! Non sei ingrassata per niente!

Ha seguito alla lettera le indicazioni della ginecologa anoressica che, con atteggiamento nazista, le ha consegnato l’elenco delle limitazioni alimentari consigliabili in gravidanza e un avviso di garanzia, qualora le venisse la sciagurata idea di scovare il barattolo della Nutella nascosto ad arte dietro alla confezione delle gallette integrali.

È appena al terzo mese di gravidanza eppure il suo ventre è prominente come se fosse già al quinto centimetro di dilatazione e non le resta altro che ammirare con dolorosa incredulità lo scempio del suo punto vita che si allarga a dismisura.

Ed ecco che arriva la frase che scomporrebbe le terminazioni nervose di qualsiasi donna, quella che le rimescola i pochi neuroni non ancora sconvolti dalla tempesta ormonale, quella che le fornisce la riprova che il mondo è un luogo asservito alla falsità: «Ma daaaaaaaaaaai! Non sei ingrassata per niente!»

«Non sono ingrassata per nienteeeeeeee? Raccontalo alla lampo dei miei jeans a vita bassa! Ti riderà in faccia al posto mio; non è mai stata un’ipocrita, lei. »

Ma quanto sei ingrassataaaaa!

La protagonista è quasi arrivata alla fine del settimo mese, ma soltanto una lieve prominenza del ventre, facilmente occultabile con una maglia svasata, riesce a tradire il suo stato. Dà di stomaco ad oltranza, perché qualsiasi cosa le procura la nausea, persino l’odore dell’acqua piovana o il profumo d’erba appena tagliata. Sopravvive di acqua minerale e crackers e, per quanto si sforzi di buttare giù qualcosa nello stomaco, ha praticamente smesso di nutrirsi.

È talmente magra che i vicini di casa iniziano a sospettare che si faccia di crack, e pure in modo pesante.
Tuttavia, spunta sempre fuori il demente capace di dirle quanto sia ingrassata, pensando così di farle un complimento; sono ancora molti quelli convinti che una gravidanza regolare si misuri dall’ampiezza della pancia che lievita.

La faccenda, scontato precisarlo, fa incavolare questa povera donna in un modo che potrebbe spiegarsi solo con parole severamente vietate nelle trasmissioni a fascia protetta. Tutto sommato, impegnata com’è a dare di stomaco pure l’anima, una frase cretina come quella costituisce l’ultima delle sue preoccupazioni.

Penserà più tardi a vendicarsi, quando il buon Dio deciderà che sia ora di farla smettere di vomitare. Ma allora sarà giunto il momento di partorire. Con dolore, ovvio…

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Te lo dico io di che sesso è il bambino!

Qualsiasi donna incinta è incappata, almeno una volta, in un palpeggiatore indefesso. Il ventre non può essere considerato una zona intima, è chiaro, ma è comunque seccante avere a che fare con gente che non sembra avere altro scopo nella vita se non tastarti il pancione. E’più forte di loro, non riescono a trattenersi, come se sotto alla maglia non custodissi un marmocchio, ma una potente calamita attira-smanettoni. E certi soggetti non si limitano a una toccatina fugace, no. Massaggiano, esaminano, soppesano e non la piantano fino a quando non sentono il piccolo scalciare; non importa se ci vogliono cinque minuti o cinque ore.

Ti fissano a lungo e poi sparano inconfutabili previsioni sul sesso del nascituro: «Pancia a punta? E’un maschio!»

«Ma veramente è una femmina, ho fatto l’amniocentesi»«No, no è impossibile! Pancia a punta porta il cappello, te lo dico io. Le analisi mica c’azzeccano sempre… »
«Ma pensa un po’! A saperlo prima, chiamavo te, invece di buttare nel secchio 500 Euro.»
Il palpeggiatore non si scompone per niente, e ti fissa con un sorriso da Frate Indovino perché sicuramente partorirai un maschietto. Poi ti saluta e se ne va, ovviamente non prima di averti dato l’ultima smanacciata sul ventre.

Scusami cara, ti ho forse angosciata?

La Terrorista amplifica la durata del travaglio fino all’inverosimile e così esistono casi clinici (tutti da dimostrare) di donne che partoriscono dopo due o più settimane di dolori atroci, o eroine che hanno visto le ostetriche saltellarle sul ventre, mentre il ginecologo rovistava fin su negli intestini per stanare il recalcitrante bebè. Esisterebbero donne che hanno subito lacerazioni chilometriche, i cui squarci vaginali sono stati rammendati per ore o sigillati con la colla a caldo. Il tutto, naturalmente, è snocciolato con le lacrime agli occhi e lo sguardo vacuo, volto a rimembrare il ricordo del drammatico momento in cui, ad un passo dal dissanguamento, sono riuscite finalmente a liberarsi della fonte di tanta sofferenza.

La Terrorista gode nell’instillare il panico anche nella donna più coraggiosa. Il suo sport preferito consiste nel raccontare i particolari più intimi (e spesso iperbolizzati con abilità da squisita romanziera) del suo travaglio fin quando non vede la vittima di turno, ovviamente incinta e prossima al parto, piegarsi sulle ginocchia. Soltanto a quel punto la Terrorista cinguetta un ipocrita: “Scusami, cara, ti ho forse angosciata? Non preoccuparti, non è poi così terribile: sopravvivono tutte, più o meno…”

Solo perché sei incinta, pensi di poter fare la furba…

Intendiamoci: aspettare un bambino non è una malattia ma, come in tutte le cose, la faccenda varia a seconda delle prospettive. Parliamo di una situazione tipica: la donna incinta di dodici mesi che va a fare acquisti in un negozio e poi, a meno che non sia una cleptomane professionista, si avvia alla cassa per pagare.

È ad un passo dalla rottura delle acque e, anche se molti esercizi pubblici non espongono il cartello con su scritto “Dare la precedenza agli anziani e alle donne in evidente stato di gravidanza”, sarebbe buona norma evitarle una lunga attesa in coda alle casse. Lei non chiede nulla, perché è educata, perché non pretende favoritismi, perché stare in piedi su caviglie orfane della microcircolazione periferica tutto sommato non la ucciderà.

Dopo qualche minuto di attesa si convince che invece tutto ciò sicuramente finirà per farla secca. Si guarda intorno, implorando clemenza nell’indifferenza più totale. Alla fine, perché ringraziando il cielo viviamo in una valle di lacrime, ma un buon Samaritano dietro l’angolo si trova sempre, qualcuno si impietosisce e la fa passare avanti.

E’allora che, immancabilmente,qualcuno pronuncia neanche troppo a mezza bocca: “Solo perché è incinta pensa di poter fare la furba… Guarda, bella, che abbiamo tutti fretta, mica solo tu!”

Ely

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