Ultima modifica 10 Novembre 2015
Hanno istituito, per il 10 febbraio, la giornata del ricordo di quei massacri, per ricordare qualcosa che, fino a pochi anni, fa era sottaciuto.
Nessun libro di storia ne parlava, nessun quotidiano le ricordava.
Il nome sollevava solo un ricordo velato, una conoscenza limitata, qualcuno ne aveva sentito parlare, ma sottovoce, perché il torto era considerato da una sola parte, solo uno era l’uomo nero, solo i tedeschi avevano operato eccidi e eliminazioni di massa.
Anche in tempi di guerra fredda quando il nemico era il sistema sovietico con tutti i sui satelliti, nemico ufficiale s’intende, perché una parte più o meno preponderante delle varie nazioni era loro seguace, le foibe erano state lasciate nell’oblio.
Io sapevo qualcosa, me lo avevano raccontato, tra molte reticenze, alcuni miei conoscenti profughi dall’Istria.
Non ne parlavano volentieri, i ricordi erano troppo penosi e a renderli ancora più dolorosi era la negazione dei media e dell’intellighenzia nazionale.
Ho capito tutto l’orrore, la violenza brutale quando, parlando per caso con due signore triestine, di un piccolo paese vicino a Trieste dove abbondavano ottimi pattinatori a rotelle, ritraendosi raccapricciate interloquirono all’unisono:”ma sono slavi!”
Il mio stupore doveva essere talmente palese che proseguirono: “pensi alle Foibe!”
Allora mi sono documentata, e vi assicuro che 18 anni fa non era facile.
Pochi e introvabili i libri che ne parlavano, ma poi li ho trovati e si è spalancato un abisso.
Un abisso di malvagità, di disumanità, di prevaricazione, di vendetta verso innocenti ai quali è stata comminata una morte terribile.
Non tutti sono stati uccisi a fucilate prima di essere scaraventati in quei profondi anfratti, molti erano feriti, molti erano incolumi ma tutti hanno condiviso la stessa sorte.
Sono stati gettati in quei profondi anfratti, le foibe e sono stati lasciati lì a morire, di fame e di sete.
Questa la sorte di migliaia di italiani che stavano fuggendo dalle loro case di Istria e Dalmazia, famiglie intere, donne, vecchi e bambini inseguiti dalle truppe dei vincitori, cercavano di riparare nella madre patria, che tra l’altro, si rivelò matrigna per i superstiti.
Il tutto accadde nel 1945, alla fine della II guerra mondiale per opera dell’ esercito di Tito.
E il rancore, il disprezzo, l’odio si è accresciuto negli anni a cavallo della frontiera, accresciuto dalla disperazione di una negazione di anni, poi, finalmente il massacro, l’eccidio è stato riconosciuto e i figli, i nipoti superstiti hanno potuto cercare e piangere sulle tombe dei loro cari, su quelle sepolture comuni, su quelle povere spoglie.
Ricordando il massacro, pregando per quelle povere anime che hanno patito atroci sofferenze e, soprattutto allontaniamo da noi ogni violenza.