Ultima modifica 9 Febbraio 2021

Diverso tempo fa il magazine Il salvagente pubblicò uno studio condotto dall’Università di Torino volto a evidenziare la pericolosità delle insalate in busta.

Per avere un’idea più chiara diciamo innanzitutto che le insalate in busta fanno parte di quei prodotti chiamati di IV gamma.

L’Associazione Italiana Industrie dei Prodotti Alimentari (Aiipa) specifica  così in cosa consiste la distinzione in gamme del cibo :

  • Prima gamma: ortofrutta fresca tradizionale.
  • Seconda gamma: ortofrutta e verdure in conserva proposte in barattolo.
  • Terza gamma: frutta e verdure surgelate.
  • Quarta gamma: ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo.
  • Quinta gamma: frutta e verdure cotte e ricettate, confezionate e pronte al consumo

Le insalate in busta sono dunque prodotti di quarta gamma.

Insalate in busta

Dicevamo che qualche anno fa si discusse sulla pericolosità di questi prodotti a seguito di una analisi dell’Università di Torino dalla quale era emerso che in 3 buste su 100 insalate analizzate erano stati trovati batteri di Escherichia Coli potenzialmente pericolosi per la salute.

Era il 2012, e in risposta all’articolo de Il Salvagente proprio l’Aiipa rispondeva con un comunicato nel quale si leggeva:

“nell’articolo, si sostiene che l’87% delle insalate siano risultate irregolari, sebbene nessuno dei parametri microbiologici previsti dal Regolamento europeo 2073/2005 risulti superato”. In pratica secondo l’associazione tutti i campioni rispettavano i limiti di legge.

Questa notizia sembra essere ri-rimbalzata in questi giorni. Sarà che si avvicina (forse) il caldo, sarà che in estate si consumano più cibi freschi e insalate, si era ritornati a parlare, in rete, di questo caso di insalate in busta pericolose e piene di germi.

Molti giornali titolavano di lavare e disinfettare le insalate dopo l’apertura, altri sostenevano di non comperarle proprio.

Insalate in busta

Noi volevamo andare un po’ più a fondo alla faccenda e leggendo ci siamo fatte un’idea.

Dopo quella ricerca torinese sono entrate in vigore in Italia anche altre regole in materia di produzione, confezionamento e commercializzazione della Quarta Gamma.

Un’importante novità riguardava il rispetto della catena del freddo a una temperatura uniforme e costantemente inferiore agli 8°C, lungo tutto il percorso.
Questo perché la prima causa di proliferazione batterica è proprio la mancata osservanza di quest’ultima.
Nel frattempo le analisi sono continuate. Altroconsumo ha fatto la sua, alcuni istituti zoo profilattici italiani e laboratori privati anche.

Insomma sembrerebbe che dal primo allarme di alcuni anni fa potremmo dire che le insalate in busta, se garantite dalla filiera, hanno un profilo di sicurezza più che accetabile.

Bisogna però pensare che, al di là delle notizie sensazionalistiche, le insalate vengono raccolte e lavate in poche ore. E che sono prodotti altamente deperibili.

Motivo per cui è necessario rispettare in primis la data di scadenza, che in genere è 5-7 giorni.

Bisogna poi stare anche attenti all’acquisto. Ovvero controllare che la confezione sia integra, sigillata, che non ci siano foglie rimaste “incollate” lungo la sigillatura della busta, e ricordarsi che ci sono insalate e insalate. Ad esempio le insalate tipo lattughino o songino sono molto deperibili, altre come il radicchio durano di più.

Anche a casa è bene rispettare la catena del freddo e riporre le insalate in busta nel ripiano più freddo (fra i 2° C e i 4° C.

Insalate in busta

Controllate poi l’odore, la consistenza e il colore prima di consumarle.
Infine, valutate se  risciacquarle in caso di consumo destinato a bambini anziani, soggetti immunodepressi e donne incinta.

Le insalate in busta sono dunque sicure? Sembrerebbe di si, stando all’articolo comparso su Il fatto alimentare.

Noi però vogliamo sensibilizzare tutti a un ridotto consumo di questi prodotti a prescindere dalla loro sicurezza.
Leggendo in rete infatti ci siamo imbattute in una tesi molto interessante riguardante le insalate in busta. Le conclusioni della tesi erano davvero interessanti.

Stando alle analisi effettuate infatti sembrerebbe che per imbustare un’insalata si vada incontro a una serie di sprechi alimentari che Greta Turnberg rabbrividirebbe.

Solo nella raccolta infatti il prodotto di scarto si aggira dal 10 al 50%.
Nel processo industriale ancora un 50% di prodotto è scartato per garantire le richieste dei consumatori.
Un altro 6% è scartato in fase di distribuzione
Per non parlare dello spreco degli imballaggi, dell’acqua che serve per fare crescere i prodotti, l’energia necessaria e infine l’apporto nutritivo che questi prodotti rendono all’organismo umano.

Per farla breve se consumiamo insalate in busta facciamo un così tale danno al pianeta che non vale la comodità di averla pronta all’uso in frigo.

Ecco. Al di là di germi e batteri, al di là delle fake news, possiamo affermare con certezza che le insalate in busta fanno male. Se non alla nostra salute certamente a quella della nostra Terra.

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