AIUTO: Mio figlio mi odia

Ultima modifica 28 Aprile 2021

Inutile negarlo: arriva per tutti quel momento.
E a nulla serve cercare di evitarlo agendo il più possibile da amici come nella migliore delle fiction.

mio figlio mi odia

Prima o poi il giorno fatidico si presenta, quello in cui tuo figlio ti guarda e ti urla “Io ti odio” e se ne va sbattendo la porta.
E tu resti lì, distrutto da quella frase che fa crollare tutti gli sforzi che hai fatto nei dodici, quindici o diciassette anni precedenti.
Cioè da quando la tua creatura è venuta al mondo.

Senti il senso di fallimento che ti invade. Rabbia e lacrime si mischiano al senso di inadeguatezza e vorresti solo scappare il più lontano possibile.

Non vi è ancora capitato con i vostri figli adolescenti? No? Beh, vi svelo un segreto: preparatevi perché prima o poi accadrà anche a voi. E sentirete il mondo che si sgretola sotto i vostri piedi.

Avete fallito nel vostro ruolo genitoriale? Tranquilli, non è così.

Vostro figlio non vi odia davvero.

A meno che non abbiate combinato qualcosa di davvero grave. E se così non è si tratta di una fase importante per gli adolescenti.

Più volte vi ho raccontato che il i ragazzi, in questa fase di crescita, stanno faticosamente cercando di trovare la strada verso la costruzione della propria identità personale e devono necessariamente passare attraverso la ribellione e la trasgressione. E che il loro cervello è intriso di contraddizioni e connessioni che ancora devono trovare un loro senso e significato.

i pensieri nel cervello di un adolescente

In realtà i ragazzi non odiano noi genitori, ma quello che noi rappresentiamo per loro in questo momento: un ostacolo alla loro individualizzazione. Perché per la costruzione della propria identità occorre passare attraverso il confronto e il conflitto. E quale luogo più sicuro per farlo se non nel tranquillo nido di amore che li ha ospitati fino ad ora?

Tutto questo si sviscera facilmente nella riflessione su come sia cambiata la relazione genitori-figli dalla nostra generazione a quella di oggi. In passato la contrapposizione era verso una figura autoritaria che impediva l’autorealizzazione. Oggi i nostri figli hanno nel loro DNA il fatto di essere stati dei bambini coccolati, amati, viziati e investiti di grandi aspettative. Per questo è più complesso imparare a fare a meno delle figure che hanno rinforzato un sé infantile tanto valorizzato per riuscire, attraverso la sfida, a differenziarsi da ciò che l’adulto si aspetta da loro.

conflitti intergenerazionali

Da qui i conflitti che, in adolescenza, assomigliano a una guerra quotidiana.

Ma, allora, come si può superare questa apparente dilaniante lacerazione?

Prima di tutto ricordandoci che si tratta di una fase che, sebbene di non semplice accettazione rispetto agli atteggiamenti ostili, può essere guardata da un punto di vista differente. Occorre sospendere il giudizio che istintivamente ci arriva dal modello educativo con cui siamo cresciuti ricordando che il conflitto, in fondo, altro non è che una diversa modalità di ricerca di relazione.

Il conflitto può (e deve)
avere una valenza costruttiva.

Ecco perché dopo una frase così deflagrante occorre tirare un profondo respiro e aspettare che la porta (metaforica o fisica che sia) che ci è stata sbattuta in faccia si riapra (cosa che certamente accadrà) pronti a cogliere l’occasione per ripartire da quello che non è un disastro ma, appunto, una tappa. Una nuova ripartenza.

Ma come ripartire?

Con una buona dose di ascolto e con la sana curiosità di capire che cosa ha portato ad una apparente rottura senza negarsi e riuscendo a soffocare la sofferenza che ci potrebbe trasformare in [umane] belve pronte a contrattaccare.

In cosa i nostri figli non si sono sentiti capiti? Quali sono state le nostre azioni che li hanno portato a quella esternazione? In che cosa non siamo riusciti a dar loro fiducia?

Perché se dall’accezione negativa che la crisi ha assunto nel nostro vocabolario odierno torniamo all’originaria etimologia greca della krisis (κρίσις)possiamo coglierne anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento.

E questo non è altro che il riassunto dell’adolescenza.

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