Oddio, sto diventando come mia madre!

Ultima modifica 28 Febbraio 2019

Accade per caso, magari il giorno in cui tuo figlio, dopo essersi impossessato del mascara, inizia a dipingere delicati effetti optical sulle tende immacolate del soggiorno.
Succede sempre, nonostante il tuo riproporti, fin dalla primissima infanzia, che mai e poi mai diventerai come tua madre. Però accade e la faccenda sconvolge la più profonda fibra del tuo animo: il DNA si eredita senza scampo, è vano combattere una simile condanna.

Oddio, sto diventando come mia madre!

sto diventando come mia madre

Come la spettatrice involontaria di un film dell’orrore, ti senti pronunciare le stesse frasi insensate che ti gridava contro tua madre, quelle che ti facevano venire voglia di prenotarle un ciclo di sedute da uno psichiatra, ma uno di quelli veramente capaci:

«Amoooooooooreeeeee! Corri piano, se no sudi!»
«Piccola miaaaaaaaaa! Grida sottovoce, che svegli il fratellino!»
«Stai fermo, girati!»

Non lo fai con una voce normale, no. Lo fai con la voce, quella permeata da quel filino di isterismo a metà fra l’esasperazione e la rassegnazione, la stessa voce che riecheggia ancora nei tuoi incubi peggiori, la sua voce.

E’ lì che, debolissimo eppure forte come una martellata sulla fronte, ti assale il sospetto: “Oddio, sto diventando come mia madre!”

E poi, continui a notare altri impercettibili segni del processo che ti porterà nel tempo a diventare un clone della donna che ti ha partorito con dolore.
Gesti che fai meccanicamente, come quello di sputare su un fazzoletto per pulire la faccia di tuo figlio, oppure propinargli le stesse aberranti minestrine che ti cucinava lei, ogni sera, per tutte le sere della tua devastante infanzia.

Con il passare del tempo, quando tuo figlio crescerà, diventerai sempre più ansiosa, sempre più protettiva, sempre più preoccupata delle amicizie che frequenta.

Ti ritroverai alle tre di notte seduta in cucina, cellulare in una mano e battipanni nell’altra.
Sul tavolo un generoso bicchiere di tequila, tanto per sedare l’ansia, nella mente un’unica, triste certezza: quando, da adolescente, ti incazzavi tanto perché tua madre ti aspettava sveglia, e sbandieravi ai quattro venti che non ti saresti mai comportata come lei, qualcuno avrebbe dovuto perdonare il tuo sproloquio, perché non sapevi ciò che dicevi.

L’aspetto più surreale dell’intera faccenda è questo: eri incazzata prima, soggetta al ferreo controllo di mamma-Gestapo. Sei incazzata ora, perché non riesci a dormire fino a quando il tuo “bambino” non rientrerà a casa, magari ciucco come una zucchina e, Dio non voglia, con addosso un vago aroma di marijuana.
Capisci, sgomenta, che dentro di te c’è tanto di tua madre, troppo, molto più di quanto non sospettassi.

Ti accasci sulla sedia, in silenzio e pensi.

La gamba sinistra pendoloni, la destra rannicchiata sotto il sedere.
Esattamente la stessa posizione di tua madre mentre è in meditazione.
A quel punto cacci un urlo e svegli tuo marito.
Così s’incazza pure lui, esattamente come succedeva a tuo padre mentre tu eri a scatenarti in discoteca o a pomiciare con un bel biondino, ignara del dramma familiare che si consumava fra la macchina del gas e il tavolo della tua cucina.

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