I Puffi. Approfondiamo i temi trattati con la dott.ssa Oliverio

Ultima modifica 3 Marzo 2020

Il film  I Puffi – Viaggio nella foresta segreta, affronta diversi temi interessanti: lo sviluppo dell’identità e delle  abilità nei più piccoli, la ricerca del loro “posto nel mondo”,  l’abbandono. Ecco perché abbiamo pensato di approfondirne alcuni con la Dott.ssa Anna Oliverio Ferraris, la nota psicologa e psicoterapeuta sepializzata nell’età evolutiva.

Come aiutare il bambino a capire il suo ruolo nel mondo?

[Puffetta non ha una vera e propria identità in quanto non è “qualificata” nel suo nome – Puff-Etta non vuol dire nulla, ma alla fine scoprirà di essere un eroina che salva la vita al villaggio intero]

Per la maggior parte di noi non ci sono ruoli pre definiti, come capita, ad esempio per i membri delle case regnanti. Il nostro ruolo nel mondo lo scopriamo cammin facendo, sfruttando le opportunità che la vita ci offre, impegnandoci, scoprendo le nostre inclinazioni.
Quando siamo bambini la nostra identità è strettamente legata a quella della famiglia – siamo “figli di…”, fratelli di…”, “nipoti di… –  poi crescendo acquisiamo una nostra identità specifica basata su ciò che siamo, realizziamo e anche sull’immagine che di noi stessi diamo agli altri e che gli altri ci rimandano. Non sempre c’è concordanza tra l’immagine che gli altri hanno di noi e che di noi abbiamo noi stessi il che è spesso all’origine di incomprensioni e conflitti come nel caso di quella quattordicenne di Bologna a cui la madre ha rasato i capelli a zero perchè non voleva portare il velo islamico.

Come aiutare il bambino a credere nella propria identità di genere?

[Puffetta unica ragazza non si sente mai inadeguata in mezzo ai maschi anche se forse inconsciamente si sente sola essendo l’unica donna. ]

I Puffi

Dipende da come ci sentiamo nel nostro corpo ma anche dal modo in cui la differenza di genere viene considerata in una determinata cultura. Dai modelli di femminilità e mascolinità che troviamo intorno a noi fin da bambini e a cui può esser difficile sottrarsi, come ci insegna la storia delle donne.
Se questi modelli sono positivi, attraenti, se ci trasmettono fiducia, se ci consentono di esprimerci, se l’essere maschio o femmina non viene criticato o disapprovato (per esempio, i genitori avrebbero preferito un maschio e invece è arrivata una femmina), se non ci sentiamo inferiori per il fatto di appartenere all’uno o all’altro sesso, non c’è motivo per non credere nella propria identità di genere, compresa quella omosessuale.

Come aiutare il bambino a reagire alla solitudine e al senso di abbandono?

[Puffetta si trova sola abbandonata nella foresta dopo che tutti i suoi amici e nuove amiche sono stati catturati da Gargamella]

La solitudine e l’abbandono si tollerano meglio se si è abituati a pensare a se stessi come a delle persone capaci di fronteggiare i momenti di difficoltà.
Se si è abituati a concentrarci più sulla soluzione che sul problema.
Tale attitudine si forma generalmente nell’infanzia e nell’adolescenza a contatto con persone positive, fiduciose, protettive, capaci di autocontrollo, di affrontare problemi e conflitti, così come di dare aiuto alle persone in difficoltà e di farsi aiutare, senza inibizioni o vergogna, quando sono loro ad avere bisogno di aiuto.

L’immaginazione, quando si è soli, può essere una risorsa perchè consente di entrare in una dimensione meno ansiogena rispetto a quella reale. Attraverso la fantasia un bambino che si trovi solo in un ambiente sconosciuto può immaginare di avere accanto a sé una presenza benefica che lo guida e lo protegge.
Non avendo ancora visto molti pericoli e malvagità sono più fiduciosi.
E poichè sono inclini al gioco spesso possiedono più degli adulti la capacità di estraniarsi e si immaginasi delle vie d’uscita.

Come aiutare il bambino a non sentirsi in colpa nel caso sia lui a provocare una “piccola tragedia”?

[Puffetta involontariamente porta Gargamella a scoprire il villaggio Selvapuffa e lui riuscirà a catturare tutti i Puffi]

Non è poi così difficile, si spiega che a tutti capita di sbagliare, piccoli e grandi, e che è più produttivo pensare a come rimediare piuttosto che stare a rimuginare sull’errore compiuto, questo potrà servire in futuro per stare più attenti, agire in modi meno precipitosi, ascoltare i consigli di chi ne sa di più e così via.

Come aiutare il bambino a non avere paura?

[Puffetta e i suoi compagni di viaggio si ritrovano in moltissime situazioni difficili e paurose con esseri animati e spaventosi a fronteggiare direttamente la forza della natura oltre che Gargamella e la sua gang. Insieme con l’altruismo e la fratellanza sapranno trovare una soluzione]

Le paure dei bambini cambiano con l’età e vanno di pari passo con la loro comprensione del mondo e lo sviluppo dell’immaginazione.

Per esempio i piccolini non hanno paura dei fantasmi e dei ladri come i più grandicelli.

Un bambino di cinque anni non teme di parlare in pubblico come un bambino di undici, che ha già fatto delle gaffe. Le paure si superano se non si enfatizzano e se si forniscono ai bambini gli strumenti cognitivi ed emotivi per controllarle.
Per esempio è normale avere paura dei rapinatori, ma se attiviamo l’antifurto possiamo stare tranquilli. Non sempre però le paure sono così semplici e lineari.

Il sogno della strega che sveglia di notte con un incubo, non è la paura della strega delle favole, ma l’espressione di una insicurezza che ha radici nella vita reale del bambino, magari nel rapporto con un genitore.

Come aiutare il bambino a non avere paura va valutato di volta in volta.

Possono essere paura lievi o più radicate nell’inconsio.
Si può assencondare la sua immaginazione o fornirgli una soluzione razionale. Per esempio, se ci racconta che c’è un coccodrillo sotto il letto e ci chiede di cacciarlo via, possiamo sì far finta di cacciarlo, magari spruzzando dell’ “insetticida”. Ma possiamo anche dirgli più realisticamente <<non penso che ci sia un coccodrillo lì sotto, chissà forse te lo sei inventato: sono però sicura che sai anche inventarti un modo per cacciarlo via di lì>>.
Senza prendersi gioco di lui/lei, rassicurandolo ma fornendo una interpretazione diversa dalla sua, passo dopo passo, si promuove la sua crescita cognitiva ed emotiva.

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