Ultima modifica 17 Giugno 2023

Una mamma che ritarda a prendere il figlio si vede ogni giorno.
Noi insegnanti di scuola primaria lo sappiamo bene, ma non è che il genitore lo faccia apposta o sempre con leggerezza, anzi.
Diciamo piuttosto che un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce: un proverbio che sta benissimo con questi tempi di cui il timbro di fabbrica sembra tutti contro tutti.

Il fatto accaduto a Saronno ci riporta sicuramente ad una difficoltà di fondo nel costruire e mantenere il rapporto scuola-famiglia sempre sereno.
In realtà, però, è la stessa insegnante protagonista a dire che generalmente è in accordo con le famiglie: non è, quindi, che ad ogni cancello di scuola ci sia un ring e non tutti i genitori si mettono a tirare sputi e cazzotti.

attesa fuori da scuola

La scuola dovrebbe far notizia tutte le volte in cui c’è comprensione ed accoglienza verso bambini e genitori, verso ritardi ed eccezioni.
Invece troppo spesso si ritrova a fare spettacolo di terza categoria: dobbiamo tenerne conto e saperne interpretare il valore, senza generalizzare.

Invece di bacchettare, perché sono l’insegnante dei bambini e non degli adulti, vorrei spiegare però ai genitori cosa accade quando si fa ritardo.

I ritardi in ingresso creano disagio in classe.

Chi arriva, o resta in soggezione oppure, non volendo rinunciare alla news da dire al compagno, crea quel diversivo che distoglie la concentrazione; chi ha già iniziato a lavorare, ovviamente, si deconcentra e non si può pretendere che ciò non accada…sono bambini.

Esistono dinamiche che solo chi è in classe percepisce: il momento di silenzio e di ascolto collettivo, quello che ancora non chiede distrazioni, è una perla piuttosto rara e, se è vero che un insegnante dovrebbe attendere magari qualche minuto in più per iniziare, al fine di evitare dispersioni di energia, è vero anche che l’unica risorsa non rinnovabile che abbiamo, per insegnare, è il tempo.

Se si perde una lezione,
non si recupera…
perché, se si recupera,
se ne perde un’altra,
c’è poco da fare.

Quindi cercare l’abitudine alla puntualità dovrebbe essere una priorità per tutti e per il bene di tutti: semplice e anche banale, ma a volte complicato.

C’è la mamma che torna dall’ospedale dopo il turno, alle 6 e mezzo, e non ha nonni che accompagnino i figli, mentre il papà esce di casa proprio quando lei entra nella doccia.
Lì cosa vogliamo fare? Se qualche volta fa ritardo, si comprende e punto.
Ci deve essere trasparenza e conoscenza.
Bisogna anche capirsi a vicenda, perché trattiamo con famiglie.

Servizi?
Molte scuole si organizzano con pre-scuola dalle 7.30, una grande risorsa.
Anche io la sfrutto molto volentieri, perché a volte è necessario un piccolo aiuto… e se si trova ad un costo accessibile, forse è il caso di sfruttarlo, per recuperare serenità ad inizio giornata.

Siamo arrivati in scivolata ai ritardi in uscita.

Sì, gli insegnanti hanno sicuramente un orario di uscita dal lavoro e, se restano in attesa, lo fanno perché è un dovere ben definito dalla legge: non possono abbandonare un minore.
Ripeto che le situazioni limite non sono molte e che i ritardi reiterati oltre la mezz’ora, obiettivamente, non ci sono ogni giorno.
Il ritardo in uscita, comunque, si percepisce diversamente, come meno invasivo dall’esterno, rispetto a quello in entrata: non crea disagio alla classe ovviamente, ma è certo che i bambini che aspettano si agitano, o comunque si preoccupano un po’, e l’insegnante lavora oltre il suo, per un tempo che non viene riconosciuto né economicamente, né in termini di recupero.
Inutile dire che, per quanto un insegnante lo faccia con responsabilità, non è simpatico.

Arrivare in tempo in orari di punta è uno sport estremo: e che non lo so??

Ognuno ha i suoi orari strozzati e spesso il “celafacciocelafaccioooo” non funziona.
Meglio situazioni definite e a maglie larghe per tutti. Ecco perchè nei casi di ritardi reiterati, conviene trovare soluzioni alternative: post scuola, genitori che a turno riprendono gruppetti di bambini, mensa solo per il pranzo.
Certe situazioni, per la serenità di tutti, andrebbero definite a priori.

Come dice un bimbo che ogni tanto mi lancia perle di saggezza: maé se lo dici prima io mi organizzo…
(E, detto da un bambino, credetemi, fa un effetto molto particolare.)

La mamma che ha sputato all’insegnante?
Non fa parte di nessuna tendenza
e di nessuna tipologia genitoriale.

Forse esasperazione senza capacità di filtrare.
Forse ineducazione.
Forse ha passato una vita ad essere incompresa e la goccia ha fatto traboccare il vaso.

Chi lo sa?
Ha avuto una reazione scomposta che sicuramente va chiarita valutandola da ogni prospettiva.

Io comunque non ne farei la bandiera di una nuova tendenza.

Volevo fare l’archeologa… invece sono moglie, mamma, sorella e maestra e per me è più che sufficiente, anzi, ottimo. Sono una donna “orgogliosamente media”, ma decisamente realizzata, che non si annoia neanche un po’…

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