Le dicono che il feto è morto, ma non è vero

Ultima modifica 16 Marzo 2016

Proprio ieri scrivevo quanto siamo bravi, anzi, bravissimi noi umani a distruggere la vita e, invece, oggi sono qui a raccontarvi come una vita sia riuscita a sopravvivere e a venire al mondo. Il motivo, per cui questa storia è piuttosto straordinaria, è che è un mix fra  istinto materno  e malasanità.

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In sintesi, eccovi un resoconto. Una donna si reca in ospedale perché, a poche settimane di gravidanza, aveva notato delle perdite ematiche e, preoccupata che fossero sintomo di un aborto spontaneo, si fa controllare.

Le viene confermato il sospetto: aborto interno. L’ecografia è piatta, non c’è battito fetale. Bisogna intervenire, o con un ricovero, o prendendo una pastiglia, che procuri l’espulsione del feto. Sceglie la seconda ipotesi e compra il farmaco.

Tuttavia, una sorta di vocina interiore, le dice che potrebbe esserci un errore. Si fa nuovamente visitare e la sua ginecologa le dice che, a volte, capita che il battito nelle prime settimane possa non sentirsi ancora, perché appena all’inizio. E, infatti, eccolo lì, il battito c’è, il feto esiste, eccome, e cresce. Mesi dopo nascerà un bimbo perfettamente sano di tre chili e mezzo.

Ora, mi chiedo. Perché all’ospedale, per quanto certi della diagnosi, non hanno detto alla paziente che, a volte, può capitare di non sentire il battito? Che, forse, aspettare qualche giorno avrebbe dato la conferma senza nessuna possibilità di errore?
Io la chiamo presunzione, inefficienza e superficialità.

Partendo dal presupposto che non si tratta di incompetenza medica da parte dell’ospedale, ritengo sia stata la stupidità umana a colpire. Non si dice a una donna, che ha perso il suo bambino, se sa (e dovrebbe saperlo) che esista anche una minima possibilità che il battito si senta più avanti? Andava detto, senza per questo dare false speranze ma, semplicemente, per correttezza e completezza d’informazione al paziente.

Non tutte sanno – per esempio, io non lo sapevo – che può capitare di non sentirlo. Se anche la sua ginecologa non le avesse dato questa informazione, il bambino sarebbe stato letteralmente ucciso e senza motivo. Se non fosse stato per l’incompetenza e la superficialità di medici e ginecologi, non ci sarebbe stato il rischio.
Forse, io avrei potuto fidarmi e decidere di farmi ricoverare subito per l’espulsione del feto, un feto vivo e vegeto. Al pensiero di una tale orrore, mi vengono i brividi.

Non so se sia stato puro istinto materno, in cui io credo moltissimo, o la forza della disperazione, a convincere quella donna a indagare a fondo senza fidarsi, anche se non esistevano presupporti certi dell’errata diagnosi dell’ospedale. Ma io credo di sì e per fortuna.

Ora, la madre intenta causa all’ospedale per danni morali. Spero che vinca, che la riempiano di soldi e che lei ne utilizzi, almeno, una parte, sia per aiutare altre donne che, magari per idiozia di altri, hanno perso il proprio bambino, sia per informare le mamme in attesa di questa possibilità.

La cosa certa è che bisogna lottare, con le unghie e con i denti, per essere madri, fin dal primo momento.

Nathalie Scopelliti

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