Suzhou: tutto il mondo è parchetto

Ultima modifica 10 Ottobre 2019

Probabilmente vi starete chiedendo quanto eccitante sia la vita di una mamma che ha deciso di trasferirsi nella Terra di Mezzo con due figli piccoli “chissà quali cose nuove e interessanti fa…”. Ebbene, le mamme espatriate fanno esattamente quello che tutte le altre mamme nel mondo fanno: vanno al parchetto coi bambini, sperando che i pupi giochino senza frignare, farsi male, annoiarsi e sperando di trovare qualche altra mamma con cui chiacchierare un poco.parchetto2Ma ci sono alcune piccole differenze che, a mio personale avviso, rendono la vita delle mamme un po’ più semplice in Cina (o almeno questa è la mia esperienza, condivisa però anche dalle altre  signore).
Primo: ho tutto sotto casa. Negozietti, palestra, mercato, parchetto. E i bimbi vanno all’asilo e tornano con lo scuolabus: spesso poi le attività extrascolastiche vengono svolte a scuola e quindi non c’è nessun motivo di scarrozzarli in giro in automobile (per fortuna, visto che noi non ce l’abbiamo!)

Secondo: anche le altre mamme expat sono casalinghe, sole e senza famiglia (spesso anche senza marito in quanto gli uomini di casa lavorano più ore dell’orologio) quindi senza particolari impegni pomeridiani della vita quotidiana “normale” che si conduce in madre patria, quando molto probabilmente al mattino si lavora.

Allora niente spesa, salutino alla nonna, visita di controllo dal pediatra, catechismo del figlio maggiore: c’è molta più di disponibilità ad uscire ogni pomeriggio coi piccoli ed incontrarsi al parco o, a turno, a casa di una o dell’altra.

parchetto

 

Senza contare che anche la disponibilità a fare nuove amicizie o a scambiarsi numeri di telefono ed inviti, è amplificata dalla comune “solitudine”. Noi abbiamo creato dei giorni prestabiliti nei quali ci troviamo in uno o nell’altro parchetto, in modo da far giocare i bimbi insieme e, nel frattempo, poterci incontrare e chiacchierare del più e del meno. Ma molto comuni, soprattutto fra mamme di bimbi piccolini, sono anche i babygroup casalinghi.

I discorsi tra mamme “internazionali”, tutto sommato, sono gli stessi di qualsiasi altra mamma: che sia italiana, francese, americana o cinese si parla di cacca, nanna, pappa, negozi dove acquistare vestiti per i pargoli o cibo specifico, gusti culinari dei piccoli principini e così via.

Ma spesso si può scorgere, tra le righe di un discorso, quelle sottili differenze che rendono ogni cultura unica e che ci divertono, ci stupiscono o ci rendono un po’ invidiose: come la capacità delle mamme nordiche di mettere a letto prestissimo i loro pargoli, dote che io non ho mai acquisito. O la spensieratezza con cui le mamme anglosassoni mandano i propri figli a casa di uno o dell’altro amichetto, senza porre loro l’interrogatorio degno di Montalbano che gli propiniamo noi “mamme italiane” (questo vale soprattutto per i figli un po’ più cresciutelli). Anche vedere ragazzini di sette o otto anni soli in un parco condominiale immenso a me fa sempre un po’ impressione: e se si fanno male? Non credo che la mamma che abita al trentesimo piano possa sentire i loro pianti… io da brava italiana non ho coraggio nemmeno di mandare mia figlia a buttare giù le immondizie (limite mio, lo ammetto).

Alle volte guardo i miei figli e penso che non si possono ancora rendere conto della bellissima infanzia che stanno vivendo: quasi ogni pomeriggio fuori a giocare con amici di ogni colore e nazionalità, passando dall’inglese al cinese senza alcuna difficoltà. E in quei momenti mi sento una mamma “brava”, quella sensazione che sentiamo il bisogno di provare e che ci dà sicurezza sulle nostre scelte (alle volte difficoltose) di genitori.

Antonella Alienanto Moretti

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