Suzhou: Una visita inaspettata

Ultima modifica 10 Ottobre 2019

 

Mi chiedo se capita solo a me… sono in vacanza in Italia: cielo azzurro, buon cibo e ottimo vino. La vicinanza degli amici di sempre, il calore di nonni e zii. Eppure la testa va sempre lì: in Cina! Il miei libri da spiaggia, anziché essere polpettoni d’amore o mirabolanti americanate, sono un romanzo giallo di Qiu Xiaolong, ambientato a Shanghai e un libro scritto da un expat americano a Pechino. Su Facebook qualche altro espatriato nostalgico continua a postare notizie riguardanti la Cina e inevitabilmente me le leggo tutte. E continuo a divorare blog sulla Cina e a pensare cosa scrivere sul mio.

Dulcis in fundo, ho avuto ospiti “cinesi”: un’amichetta di scuola di mia figlia, papà italiano e mamma cinese, ora trasferitasi a Shanghai, è venuta in visita ai nonni in Lombardia. E così è stato facile incontrarsi a Venezia e poi invitarle a trascorrere qualche giorno da me, soprattutto perché anche loro sono venute qui da sole, il papà bloccato in Cina a causa del lavoro. E quando si è tra mamme e bimbi, diventa tutto più facile e spontaneo.

Sohzou
Chi è assiduo frequentatore di questa rubrica saprà che Suzhou è detta “la Venezia d’Oriente”, a causa dei suoi canali solcati da imbarcazioni molto simili a gondole e delle sue strette stradine. In effetti tutta la zona è disseminata di “città d’acqua”, ovvero tipici villaggi costruiti su suggestivi canali. E, a dire il vero, ognuna di loro si contende il titolo di Venezia d’Oriente! Ma, non me ne vogliano gli amici Suzhouesi, il fascino della nostra Venezia non ha confronti. Sono stata davvero contenta di portare i miei bambini per la prima volta in questa fantastica città, orgoglio turistico, storico e artistico del nostro paese (anche se non so quanto se ne ricorderanno nel futuro…).

Abbiamo camminato nelle strette calli, mangiato il gelato e fatto fuggire i piccioni correndo all’impazzata. Abbiamo fotografato i canali e il cielo, apprezzato gli scorci dei balconi fioriti e delle piazzette nascoste. I bambini sono stati molto colpiti dal fatto che a Venezia non esistono automobili ma solo barche, l’unico mezzo di trasporto degli abitanti. Così esistono barche taxi, barche ambulanze, barche autobus. E le immancabili, affascinanti gondole.
Il colore dell’acqua veneziana ha stupefatto la mia amica cinese, che forse si aspettava fondali cristallini. Ho provato a spiegarle cosa sia una laguna, ma non credo di esserci riuscita.

Venezia
Le due bimbe, molto amiche anche se ora che viviamo in due città diverse si vedono raramente, hanno iniziato a comunicare in italiano, per poi passare al cinese. È stato divertente vedere le facce di alcuni turisti cinesi, estremamente stupiti nel vedere queste due ragazzine, dai tratti assai poco orientali, parlare tra loro in perfetto mandarino.
E mi sono anche resa conto di come mia figlia si relazioni con maggior facilità nei confronti di un’amichetta con la quale parla una lingua straniera e che vede poche volte all’anno, piuttosto che coi suoi ex compagni dell’asilo italiano (con i quali abbiamo comunque contatti regolari ogni volta che rientriamo in Italia).

È quello che chiamano il fenomeno dei TCK, acronimo che sta per Third Culture Kids, ovvero quei bambini che si sono spostati all’estero con i genitori e che, dopo un certo periodo di tempo, non si sentono di appartenere pienamente né all’uno né all’altro posto. Questi bimbi stringono relazioni più profonde con amici che hanno vissuto le loro stesse esperienze, indipendentemente dal loro paese di origine, piuttosto che con gli amici della loro stessa nazionalità. La vita, per gli amichetti italiani della mia bambina, va avanti giorno per giorno anche nei lunghi mesi nei quali lei è assente. Inevitabilmente, i bimbi crescono, i rapporti si cementano, le piccole cose cambiano. E, inevitabilmente, ogni volta che torniamo lei si sente un po’ più esclusa.

Antonella Moretti

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

GLI ULTIMI ARTICOLI

More article