Bullismo? Preferisco chiamarlo prepotenza.

Ultima modifica 17 Giugno 2023

Etichette e mode che arrivano come quelle onde cariche di plastica, sporche, disordinate: io le vedo così.

La grande stampa che fa vedere tutto bianco o tutto nero a seconda del risveglio.

Piede destro o piede sinistro giù dal letto e ci fanno abboccare, come i lucci neanche tanto argentati, a verità assolute, pompate, rese quasi “fenomeni” impossibili da abbattere ma, il giorno dopo, sottoposte a clamorose smentite.

Con “La scienza dice…” anestetizzano gli animi e giocano con la nostra fretta, ignoranza, indifferenza.

Mi piacerebbe invece che certi “fenomeni” venissero sbriciolati, contestualizzati, senza un nome forte a dare una caratterizzazione che, in fondo, non serve alla soluzione, ma solo a gonfiare i titoli.

Il bullismo.

Così detto sembra una massa informe, una presenza che gira tra i giovani e che colpisce a caso, lontana dalle vite e dalle realtà.

Quasi “ah, manellamiascuolanooo”, “Ah, mamiafiglianoooo” perché il Bullismo, detto così, sembra un gigante che, quando c’è, si vede bene!!
E invece no.
Non si vede affatto… bisogna cercarlo, riconoscerlo, quasi scovarlo o intuirlo.

Io vorrei che se ne parlasse di meno, che se ne parlasse con i termini giusti, e che si facesse di più.

Bullismo non è una parola: è l’azione prepotente e vigliacca,
piccola o grande che sia.

bullismo

E’ fare del male senza farsi vedere o scoprire.
E’ premeditazione.
E’ un sacco di cose che sappiamo dai tempi dei tempi e dargli un nome generico e ridondante è come se allontanasse il nemico, portandoci a vederlo solo in situazioni eclatanti: altrimenti quasi non ci disturba…  Ma non è così.
Da diversi anni ho un’idea e cerco di passarla ai bambini che ho davanti.

Basta con il “te la devi cavare da sola” “sbrigatela da solo, sennò sembri un debole”.

Eh, no, basta.
Finché ci saranno adulti responsabili per loro e di loro, non se la devono necessariamente cavare da soli. Questo è un alibi bello e buono per starcene in pace.

Così come chiediamo con forza ai genitori di giovani prepotenti di educare meglio i loro figli, così dobbiamo impegnarci a difendere chi viene colpito e soprattutto a sbriciolare anche il minimo atto di prepotenza, senza aspettare che scoppi la crisi.

Io il “ti devi difendere da solo” posso anche accettarlo, ma sono tenuto a monitorare da vicino la situazione: rafforzare l’io e la personalità è sicuramente un obiettivo fondamentale, ma quando vedo che non funziona e che non ci sono le forze per tirarsi fuori dal raggio di prepotenza (se sono sveglio da accorgermene), allora devo intervenire, come adulto.

Non si può dire “Cavatela da solo” mollando le cime senza osservare, perché sarebbe il colpo di grazia per il bambino che non ce la fa, facendogli perdere fiducia in se stesso, ma anche negli adulti che dovrebbero difenderlo.
Magari poi i bambini o i ragazzi più fragili, per forza di cose, ci restano sotto e lì dobbiamo correre ai ripari… ma spesso è tardi e lo sappiamo bene.

Noi pensiamo che prepotenti e vittime giochino ad armi pari, ma non è così.

Chi parte dalla possibilità di ferire un altro essere vivente non ha limiti, remore, timori, mentre chi è vittima cammina su un altro binario e non comprende nemmeno perché gli venga fatto del male gratuito.

bullismo

Come possiamo pensare di non intervenire?

Io dico sempre a tutti i miei piccoli “Non siete soli, nel bene e nel male: se venite offesi e feriti dovete rivolgervi a un adulto.
Potete e dovete essere difesi.
A scuola c’è la maestra, a casa i genitori.

E’ un dovere parlare. Non è fare la spia.
Non è segno di debolezza.” Riconosco che la scuola può fare tanto: certo, essere sempre in 2 in classe potrebbe fare la differenza. Io lo so perché lo vedo.
I nostri figli stanno fin troppo tempo senza di noi genitori; ore e ore lontano da casa oppure in casa ma… lontano (non so se mi spiego). Sono piccoli e vanno difesi.

Ecco. Bullismo non è un fenomeno da tg.

Bullismo è ogni piccolo atto di prepotenza
a cui non dobbiamo assistere
senza intervenire.

L’indifferenza degli adulti diventa poi, per caduta educativa, quella dei nostri figli e cresce.
Che facciamo, stiamo sempre a guardare o diamo una raddrizzata ad ogni piccolo segnale?
E’ bene farlo quando sono piccoli, perché è molto più facile parlare sia con la vittima che con il prepotente, per cercare di comprendere e risolvere.

Sono anche convinta che alla radice di una prepotenza fatta ce ne siano tante ricevute e che un prepotente ha del suo da smaltire, ma fin da piccolo deve capire che dare addosso agli altri non è la strada da percorrere.

E, se non riesce a cambiarla, non è mica colpa sua, ma di chi non gliene propone una diversa.

Sta di fatto che bambini soli e inosservati diventano vittime o prepotenti a seconda della loro personalità, di chi li cresce e li educa, del tempo che passano soli, senza relazionarsi… rischiamo tutti di averli sotto il naso, senza rendercene conto.

Occhio.

2 COMMENTS

  1. Sono perfettamente d’accordo. Il problema è quando l’insegnante talvolta minimizza l’accaduto e sembra quasi difendere il bulletto di turno. Mia figlia, quinta primaria. È brava a scuola ma piuttosto insicura. Una sua compagna, altamente competitiva, al punto da invidiare i possibili “rivali” che non le permettono di rimanere sempre “sul podio” cerca di allontanare mia figlia dal gruppo. La vuole isolare, le porta via le amiche attirandole a sé quando parlano con mia figlia. Durante un lavoro di gruppo, un disegno, progetto sul Fumetto, organizzato dalla maestra, questa bambina ha protestato perché non voleva che mia figlia partecipasse all’interno del suo gruppo altrimenti anche lei avrebbe ricevuto il “merito”, ovvero un bel voto. Anziché vederla come un “valore aggiunto”, cioè una bambina in più che potesse aiutare tutti a disegnare e colorare, lei invece… questa bambina così carogna a soli 10 anni, vedeva mia figlia come una compagna da “eliminare” perché, per egoismo e gelosia, non sopportava l’idea che anche lei potesse prendere un bel voto, insomma tante cattiverie e continua prepotenza nel corso degli anni. Mia figlia non si può difendere altrimenti la maestra sminuisce ogni suo tentativo di dare spiegazioni.
    Ora basta: ai prossimi colloqui apro il libro e racconto io tutto all’insegnante. Credo che sia l’unica strada.

  2. Mi dispiace Emanuela. Dovremmo sempre sfruttare il nostro punto privilegiato di osservazione come insegnanti. Sono d’accordo sul fare di più. Se i bambini soffrono veramente e ripetutamente è più che giusto intervenire secondo me.

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