Lavoro: l’Italia non è un paese per donne

Ultima modifica 24 Agosto 2020

L’Italia è un paese direi strano, caotico, quasi inclassificabile e un po’ ambiguo.
Poche certezze, poca fiducia, poche possibilità.
E’ un calderone dove ognuno mette e toglie ingredienti a piacere, con il risultato di una zuppa che non ha gusto, non sazia e non gratifica. E il tempo passa.

Ma una cosa vince lo scorrere del tempo e si propone e ripropone senza sosta:  l’Italia non è un paese per donne.

E quando lo è, lo è quasi esclusivamente sulla carta.
Ma ogni cosa, sappiamo, va maturata e deve trovare il suo divenire quindi voglio essere almeno un po’ ottimista (del resto non è proprio da secoli che a noi donne è stato riconosciuto il diritto di voto) e conto ancora su qualche solido cambiato, qualche giro di boa che permetta finalmente ad ogni essere umano di sesso femminile un dare e ricevere in perfetto equilibrio tra loro.

colloqui lavoro donne

Sono cresciuta credendo nel ruolo della donna, senza fanatismi o prese di posizione estreme.

Penso che Uomo e Donna siano diversi e debbano esserlo, perché solo così si completano e creano quella sinergia che fa crescere una persona, una coppia, una famiglia, una nazione. Quindi l’Uomo dà e riceve secondo la sua natura e lo stesso vale per la Donna.
L’Uomo può essere un buon padre, un buon marito, un buon lavoratore, un buon cittadino, lo stesso va detto per la Donna. Giusto?

No! la realtà non è questa.

La Donna può essere una buona madre, una buona moglie, una buona lavoratrice, una buona cittadina MA NON CONTEMPORANEAMENTE. Aspettate che mi spiego.

Noi ci potremmo anche riuscire, di fatto ci riusciamo. Ma non si riesce a farlo capire ‘agli altri’, non è ancora una cosa ovvia, normale, naturale.
E guardate che non mi riferisco a donne mamme top manager e chissà che altro. Cerco solo di confrontare la realtà lavorativa di una Donna e quella di un Uomo. E L’Italia non è un paese per donne, e purtroppo non è un paese per donne/mamme. Peccato, visto che i figli sono il futuro di una nazione.

Quante di voi hanno affrontato colloqui di lavoro sentendosi quasi in una seduta di psicoanalisi, dovendo rispondere a domande tipo: E’ fidanzata? Intende sposarsi? Le piacciono i bambini? E mi fermo qui.
E non ditemi che non sono domande che non si possono fare, perché le fanno. Eccome se le fanno.

Però non ho mai sentito alcun uomo raccontarmi di aver dovuto rispondere a queste stesse domande.

La donna deve dimostrare 200 per avere 100, deve dare più del massimo per poter essere considerata.
E se decidi di avere figli le cose si complicano.

E sappiate che non incolpo i datori di lavoro, loro fanno i loro interessi e se li fanno rispettando leggi e normative, nulla da dire. Il problema sono proprio le leggi e le normative, estremamente lacunose in materia e molto spesso del tutto inadeguate e anacronistiche.

E  così troviamo sempre più donne che devono scegliere tra lavoro e famiglia, perché ad oggi è difficile, quasi impossibile riuscire ad avere entrambe le cose senza essere penalizzate o penalizzare qualcuno.
Qualche passo è stato fatto, alla luce di interventi normativi che hanno cambiato un po’ anche il ruolo del padre (come nel caso del congedo), ma mi chiedo: perché non intervenire direttamente sulla donna?

Invece di aggirare l’ostacolo, chi di dovere, prenda atto che una donna è una risorsa, una donna/mamma è una doppia risorsa, non una spesa!

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