Ultima modifica 24 Agosto 2020

 

images-19Sempre più donne si inventano o riscoprono professioni più o meno stravaganti, obsolete e remunerative per arrivare alla fine del mese o anche solo per piacere. Ma, prima di affrontare questo capitolo, mi sembra opportuno fare il punto su dove siamo arrivati e come e perchè va favorita l’occupazione femminile, non come presa di posizione di genere, ma come strumento effettivo per apportare un consistente contributo all’economia del Paese.

Obiettivo 2013: coinvolgere giovani e donne nel creare nuove imprese, divenendo in prima persona artefici del proprio futuro. É quello che si propone l’intervento del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per favorire l’occupazione femminile, nel comunicato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 settembre recante Programma-obiettivo per l’incremento e la qualificazione dell’occupazione femminile, mediante l’inserimento e il reinserimento nel mercato del lavoro, sviluppo e consolidamento d’imprese femminili, per l’anno 2013.

Non solo formazione, quindi, per favorire il rilancio del mercato del lavoro del nostro Paese, ma anche azioni che consentano lo sviluppo di nuove attività, elemento quest’ultimo fondamentale per consentire a tutti gli imprenditori, presenti e futuri, di poter creare nuove aziende e, quindi, nuovi posti di lavoro.

Il problema dell’occupazione femminile in Italia di certo non è certo nuovo, ma si è verificato un progressivo peggioramento ed una riduzione considerevole delle opportunità lavorative rivolte alle donne, anche in conseguenza alla crisi. Sembra però che, finalmente, ci sia la volontà di dare una svolta alla situazione mediante un sostegno concreto e reale che non si limiti semplicemente all’erogazione di fondi pubblici. Secondo quanto si legge il Programma Obiettivo 2013 dovrebbe puntare soprattutto sulla realizzazione di azioni positive in maniera da incrementare non solo le competenze professionali delle lavoratrici, ma anche la progressiva acquisizione di rilevanti qualifiche professionali in grado di valorizzare l’impegno e la propria ottima preparazione. Le azioni riguardano l’occupazione e il reinserimento lavorativo, da una parte, mentre dall’altra vi è il consolidamento d’impresa.

Per quanto concerne l’occupazione, il progetto si rivolge alle giovani donne under 35
e può essere presentato dai datori di lavoro che desiderino assumere od investire nella formazione di neo dipendenti avvalendosi del supporto e della valida esperienza di un lavoratore/lavoratrice senior. Il progetto deve essere corredato da un’approfondita descrizione del percorso formativo nonché dell’accordo tra le parti e da una lettera di impegno che attesti l’assunzione da parte del legale rappresentante dell’azienda.

Per quanto riguarda, invece, il reinserimento lavorativo, è destinato alle donne over 35
ed il progetto può essere presentato dai datori di lavoro che intendano inserire all’interno dell’impresa, donne inoccupate, disoccupate o fruitrici di prestazioni di sostegno al reddito. Per entrambi i casi, le azioni finanziabili, previste dal bando, sono le seguenti: costi di formazione, di mentoring e affiancamento on the job di una o più risorse interne all’azienda.

Le azioni promosse dal programma si rivolgono anche al consolidamento di imprese femminili a titolarità e/o prevalenza femminile nella compagine societaria mediante varie strumenti: studi di fattibilità per lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e mercati; iniziative tra più imprese femminili per la promozioni dei prodotti; formazioni specialistica finalizzata al rafforzamento di alcuni settori dell’impresa. I destinatari sono identificati nelle imprese femminili attive da almeno 2 anni.

In generale, i progetti saranno finanziati secondo l’ordine della graduatoria risultante dal punteggio attribuito. La durata massima dei progetti non potrà essere superiore a 24 mesi e, ogni singolo progetto dovrà riferirsi ad un unico punto del Programma Obiettivo 2013. Naturalmente bisognerà documentare le competenze specifiche del personale che sarà coinvolto nell’attuazione progettuale.

Ma ora entriamo nel vivo della questione: perché conviene allo Stato?

Il Centro Studi di Confindustria ha stimato che il Pil italiano potrebbe aumentare di circa il 16% se il tasso di occupazione femminile (47,4% nel secondo trimestre del 2012) arrivasse ai livelli di quello maschile (66,7%).
”Promuovere l’occupazione delle donne nell’economia” osserva il Csc “non è solo una questione di equità e di pari diritti ma anche una questione di efficienza, perché il basso impiego delle donne nel lavoro significa spreco di risorse e talenti”. Basti pensare che nelle economie dove il tasso di occupazione femminile è più alto il Pil pro-capite è pure più elevato. Come succede in tutto il Nord Europa, dove, si sono accorti del valore aggiunto dell’occupazione femminile e grazie ad incentivi a maternità, paternità, asili nido aziendali, sovvenzioni alle famiglie numerose e politiche che valorizzano la famiglia come investimento statale “per il futuro” si è riusciti meglio che in Italia a reggere il crisi e non solo. Del resto non ci vuole poi molto a fare meglio considerando che l’Italia è al terz’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e nelle ultime posizioni della classifica mondiale del gender gap sul mercato del lavoro, vicina a Senegal e Corea. Meditate gente, meditate.

Elisa Costanzo

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

2 COMMENTS

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here