Veronica Surrentino: realizzare i propri sogni senza mettere da parte la famiglia

Ultima modifica 20 Agosto 2021

“Suonandola, la musica prende forma come argilla tra le mie mani”

Veronica Surrentino, cantautrice e musicista romana, è diplomata all’Accademia in canto, pianoforte e recitazione. Veronica, incanta con la sua voce formatasi con i cori Gospel, il Blues, il Soul con un appeal da vera performer e dal vivo, è una vera “leonessa” da palcoscenico. Eppure, chi la conosce, sa che quando le luci si spengono, lei indossa tutta la sua timida compostezza, tanto da sembrare un’altra. Veronica è una donna forte che ha saputo lavorare con tenacia per trasformare i suoi sogni di bambina in un progetto, non solo artistico ma di vita. Lo ha fatto senza metter da parte la famiglia e i figli, Sofia e Lorenzo che insieme a Marco, suo marito, crescono con amore.
Può sembrare banale, ma è proprio questo il valore aggiunto di un artista che non mostra solo il suo innato talento, ma tutte le sfumature di una donna che senza atteggiarsi o nascondersi, sa essere semplicemente, Veronica.

Quanto è stato difficile coniugare lavoro, famiglia, carriera?
Ho fatto il liceo classico, ma cominciai ragazzina già a fare serate e a lavorare, ho imparato a scegliere cosa fare e cosa no. Non so e non saprò mai cosa sarebbe successo se avessi dato una svolta completa, totale alla mia vita, per fare solo musica. Non lo so e non mi interessa, ho scelto il “passo” mio. Ho voluto godermi le cose belle, sacrificando qualcosa, che mi è tornato indietro il doppio. La stabilità emotiva è importante e imprescindibile. Ho sempre scelto, quello che sentivo giusto, affidandomi all’istinto e lasciando da parte condizionamenti.

Hai fatto tantissima gavetta: è stata importante?
È stata fondamentale. Nei live ti si chiede di fare cose che non avresti mai fatto, costringendoti ad esplorare mondi musicali che, probabilmente, non avresti considerato. Un esercizio faticoso, che però è formativo, perché ti aiuta a capire come i musicisti che lavorano con te elaborino la melodia, in un allenamento continuo. Per capire la musica, occorre farla davvero e dal vivo, con tutti gli imprevisti del caso, è sicuramente l’allenamento più formativo ed irrinunciabile. È passare dalla teoria alla pratica. Oggi conosco bene la mia voce e i miei limiti, so gestire le mie prestazioni e questo risultato lo devo all’esperienza maturata sul campo. Non si arriva da nessuna parte senza fatica, senza impegno. Questo è un lavoro, privilegiato, ma pur sempre un lavoro.

In pochi mesi hai pubblicato due brani, il primo Tranne Te e poi A Passo Lento che con ritmi e sound molto diversi, ma con lo stesso intento: raccontare in chiave contemporanea, storie di “umana quotidianità”. È così?
Nascono tutte allo stesso modo, al pianoforte, in assoluta solitudine. Ballad che fanno parte di me, che sono il mio modo di esprimere quello che ho dentro. Questo è sicuramente il fil rouge che le lega tutte e mi piace che si senta tra le righe quel genere lì che fa parte di me, mi piace che sia al servizio di un nuovo sound. Dapprima sono più lente e intime, poi succede che vengano trasformate in ritmi diversi. A Passo Lento, è nata subito dopo Tranne Te quando ancora avevo in circolo voglia di ritmo e la necessità di esplorarlo. Idealmente potrebbe essere il capitolo seguente dello stesso racconto: Tranne Te, è il ritratto di una donna volitiva, che sa di volere tutto – “tranne te”. A Passo Lento ci fa rivivere, quello stato emotivo, carico di aspettative, di una nuova storia. Un sogno che può confondersi con la realtà, incoraggiandoci a lasciarci andare. La sezione ritmica ci ha impegnati molto, costringendomi a rivedere il cantato, in una bella sfida che credo, abbiamo vinto!

Nascono come ballad, poi diventano i brani radiofonici e ballabili …
Vado in studio con i miei compagni di viaggio Aldo Martino e Gianfranco Bonavolontà e insieme, facciamo quello che meglio sappiamo fare: suoniamo. Così dando libero sfogo alla musica, lasciamo che ci guidi e il brano prenda forma, come argilla tra le nostre mani. Aldo, che è con me da quando avevo poco più di vent’anni, è come un fratello maggiore; ogni cosa anche la più pazza che ho fatto nella vita, lui c’era. Gianfranco è arrivato sette o otto anni fa e da allora è parte di questa nostra strana famiglia. Per me avere loro, equivale davvero ad avere una “famiglia musicale”, con cui condividere e sperimentare. Loro sono stati con me a prescindere dal momento, anche nei più difficili e questo è impagabile. Non serve neanche più parlare, c’è un’empatia incredibile.
Per la batteria, poi, ci affidiamo sempre ad Alessandro Bastianelli, un amico col quale abbiamo condiviso tanta tanta musica.

Una cosa è certa di te: non sei una che improvvisa. Come hai disegnato la tua rotta?
Sto scrivendo altri brani, in questo momento ho in ballo un progetto importante: un duetto con una delle voci più belle della tradizione italiana, in un brano scritto dall’autore di canzoni indimenticabili. Sono felice ed emozionata e non vedo l’ora di poter condividere questa novità, che arriva grazie al lavoro costante di un gruppo che mi sostiene e lavora con me. Nessuna improvvisazione, ma la costruzione di sogni che diventano realtà.

Oggi finalmente puoi raccogliere i tanti consensi che arrivano anche dalla critica ed opinionisti musicali. Che effetto fa?
Mi fa un effetto abbastanza strano, perché oggi oltre la mia voce, il complimento vale il triplo. Mi sono svuotata l’anima, raccontato di me, una fase molto più intima.
Mi sono messa totalmente in gioco, volendo fare qualcosa di più potente, ma anche rischioso.
I commenti, anche le critiche sono costruttive e questo mi rende davvero felice.
La peggiore delle critiche arriva sempre da parte mia, che non mi accontento mai e ricerco la perfezione. Il gruppo mi aiuta a rivedere, con più oggettività le cose, trovando il giusto equilibrio.

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