Fare i compiti è un dovere. L’importanza di responsabilizzare i nostri figli.

Ultima modifica 17 Giugno 2023

I compiti sono un impiccio quotidiano. Già.

Rubano tempo che potrebbe essere dedicato ad altro.
Se ci pensiamo, quando iniziamo a lavorare, il dovere “ruba” il nostro tempo, ma senza quello non mangeremmo.
Col dovere bisogna farci i conti ed imparare presto. No?
Una scocciatura, eppure, in giuste dosi, i compiti sono l’unico modo di sperimentare la responsabilità quotidiana per un bambino.
L’unico passo alla sua portata. Perché è l’unico?
Perché se è vero che i nostri piccoli hanno mille impegni, è anche vero che non si organizzano nulla: vanno a danza accompagnati con tanto di prendilaborsa, sbrigaticheètardi, daicheinizia, allacciatilacinta.
Poi vanno a chitarra, che è già in macchina dal mattino.

Insomma, in cosa esercitano il senso del dovere in autonomia?

Sì, forse apparecchiano, aiutano in casa, ma non è quello. Non so se mi spiego.
Non mi schiero a favore delle paccate di compiti. No assolutamente.
Però un esercizio quotidiano del dovere serve.
E non me lo dimostrano i rari bambini che li fanno appenatornanoacasa (piuttosto rari a dire il vero), ma tutti gli altri.
E’ ovvio che imparare ad essere responsabili è una fatica. Caspita, chi lo è diventato gratis??
Imparare poi ad esserlo con fratelli che ti sfondano i timpani, finiscono prima, rubano gomme e matite, scambiano libri, è proprio un bel corso di sopravvivenza educativa.
Fin dalla prima, la resistenza delle mie bimbe si è concentrata solo sul procrastinare e quindi sono fortunata.
Non vanno a scuola senza compiti, se non quando dimenticano di scriverli… ma siamo piccoli e umani e le chat le guardo di rado.
Convengo che combattere col dopolifaccio non è sempre facile e, diciamocelo, da mamme a mamme, rischiamo i tic di Banfi ad aprile dai. Uno stillicidio quotidiano… ma si sopravvive.

Questo lo vedo come il primo grado in giudizio.

Fin qui si tratta “solo” di stimolare la riflessione sul tempo che passa e la stanchezza che cresce a fine giornata.
Se poi non si arriva a nulla, bisogna lasciarli “battere il cosiddetto muso” e vedere che succede, magari parlando con gli insegnanti, perché il proverbio “per educare un bambino ci vuole un villaggio” insegna che la coerenza dell’azione educativa è tutto.
Ovviamente, se poi il dovere continuasse ad essere un optional, automaticamente lo dovrebbero diventare l’Ipad (che ha riposato diverse settimane…in verità), le scioccherie da edicola, la mezz’ora più tardi alla sera per vedere un film.

E altrimenti come imparano?
La strada è lunga, ma i latini dicevano vincit qui patitur…

Il secondo grado è “non li segno sul diario”.

Ci può stare. Quale bambino non lo ha fatto almeno una volta?
Quando diventa seriale però… attiviamoci. Le motivazioni possono essere tante e vanno assolutamente scoperte.
A volte sfugge sia a casa che a scuola, perché la correzione prende parecchio tempo e non sempre ce n’è.
Di solito se ne accorgono i compagni che dopo 2 o tre volte te lo dicono… e tu ne prendi atto. Che momentacci.
Con le colleghe l’atteggiamento è quello di comprendere le motivazioni dello svicolamento, cercare di capire per poi superare insieme la difficoltà.
A volte è solo una ricerca di riposo.
E allora ci vuole aiuto da casa, un periodo di allentamento nelle attività, un weekend tranquillo, una maggiore attenzione all’ora di andare a letto.

Ci sono periodi in cui qualcosa fisiologicamente ci sfugge, ma se osserviamo i nostri piccoli tutto si chiarisce e ci si rimette in carreggiata.

Il terzo grado sono capricci storici per farli.

E lì dobbiamo indagare seriamente.
Se le reazioni sono estreme e c’è il rifiuto categorico, allora i problemi sono essenzialmente due.
Il compito è inadeguato, troppo alto e complesso, ed è l’insegnante a dover modulare il tiro accordandosi con la famiglia per risolvere presto il problema.
Ecco la seconda lettura: il compito diventa il capro espiatorio per chiedere indirettamente l’attenzione del genitore.

Si deve allora correre ai ripari in famiglia, altrimenti si rischia di rovinare una bella parte della crescita scolastica e affettiva.
Purtroppo fare il compito col genitore per qualche bambino è dannoso.
Quindi si potrebbe diversificare l’attività pomeridiana intervallando altre persone (zii, compagni di scuola, piccole sessioni di doposcuola).
Se proprio non ci fosse soluzione per motivi che non stiamo ad indagare, bisognerebbe cercare di cambiare atteggiamento. Abbandonare crisi isteriche, punizioni, ricatti e buttarla sul ridere finché è possibile, cercando di divertirsi e di creare un momento piacevole.
E lo so che quando prende il nervo non è facile.
Però se provassimo a fare qualcosa che non abbiamo mai fatto, potremmo ottenere quello che non abbiamo mai ottenuto, come disse Thomas Jefferson.
Per i nostri figli questo ed altro. Vale sempre la pena.

® Riproduzione Riservata

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