Matematica: 8 suggerimenti o semplici ispirazioni per insegnarla al meglio

Ultima modifica 17 Giugno 2023

Dicono che il problema della matematica sia il modo in cui viene insegnata.
Ecco, come viene insegnata?
Dicono che occorra una buona formazione.
Che tipo di formazione?
Ci sono molti stimoli effettivamente. Ma quali seguire?

Nessuno dice quanto sia complicato formarsi e scegliere tra le varie proposte.

Come insegnare la matematica?

Io scelgo le strade tracciate dalle università che, se si vuole, sono a disposizione dell’insegnamento e, soprattutto, gli esperti di didattica della matematica che alle università sono collegati.

Personalmente, ho avuto ed ho tuttora la felicissima possibilità di poter dialogare quotidianamente con esperti di didattica che mi hanno letteralmente sconvolto la dinamica d’insegnamento, regalandomi punti fermi che non avevo.
Alcune cose, grazie soltanto a loro, mi sono diventate nel corso degli anni piuttosto chiare.

8 suggerimenti o semplici ispirazioni per insegnare la matematica, che mi sono state utilissime.

insegnare la matematica

Non servono colori fluorescenti o megaspiegazioni e nemmeno
un grande carisma.  

Ho potuto constatare che la matematica ai bambini piace così com’è, perché incarna la voglia di scoprire nuove verità, di metterle alla prova per scoprirne ancora.
E’ una strada particolare e sorprendente di leggere la realtà e i bambini la vedono esattamente così. Hanno solo bisogno di agire matematicamente sulla realtà e gli piace parecchio, forse più del nintendo, ché lì, quando sei arrivato all’ultimo livello, ti resta solo da togliere la schedina.

La matematica non nasce nel libro ma in due luoghi meravigliosi: la realtà che ci circonda e la storia delle scoperte matematiche. 

Non immaginavo quanto conoscere gli antichi matematici potesse attivare così la curiosità e la motivazione nei bambini.
Scoprire che ancora oggi camminiamo su strade che uniscono Euclide, Ipazia, Cartesio fino alla matematica Maryam Mirzakhani affascina. Non serve essere laureati matematici per far comprendere la bellezza di queste vie. Forse serve essere appassionati.
Scoprire che una linea retta non esiste nella realtà perché, appena la rappresento, le do uno spessore che non ha. Porta una bambina di 8 anni a dirti “Maestra ma allora è tipo uno sguardo che va dritto… solo che quello un inizio ce l’ha mentre la retta no.”
E uno dei miei preziosi sostegni mi dice che sì, va bene così, perché la bimba ha enunciato il primo assioma dell’ottica di Euclide che parla della propagazione rettilinea dei raggi visuali.
Ecco, se non avessi portato Euclide in classe, probabilmente la retta avrebbe avuto meno valore.

insegnare la matematica

Come dice George Bernard Shaw ” Se tu hai una mela ed io ho una mela e ce le scambiamo allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Se invece tu hai un’idea ed io ho un’idea e ce le scambiamo, avremo entrambi due idee”
Mi hanno fatto capire che la matematica non si studia e non si capisce nella solitudine di 50 operazioni o 20 esercizi. Non è tecnica ma comprensione e creatività.  “L’immaginazione è sorprendentemente presente persino nella scienza matematica. C’era molto più immaginazione nella testa di Archimede di quanta ve ne fosse in quella di Omero”, diceva Voltaire.
La matematica ha bisogno di discussione continua, anche per capire quanto fa 34×48, perché le idee possano traspirare da una mente all’altra ed essere comprese profondamente. Ascoltare le idee degli altri è un buon allenamento anche per la vita.

Si deve ascoltare e copiare dagli altri, se la strada è giusta.

Parlando ogni giorno si comprende che non esiste quasi mai una sola strada per giungere alla soluzione, nemmeno per calcolare il famoso 34×48.

Ho imparato a lanciare una domanda ed aspettare. L’attesa, il tempo di pensare, ci deve essere, per tutti. E lo sapete perché devo stare zitta? Perché quasi sempre le loro soluzioni sono migliori delle mie e perché sanno spiegarle meglio loro, ai compagni, di quanto non riesca io.

“Se voglio/devo insegnare la disciplina X, devo conoscere X, da adulto.

Se mi rendo conto che non la conosco , la potrei studiare. Non sul libro di testo destinato ai bambini, ma su un libro vero, da adulti.
L’ho già studiata a scuola? Con quali risultati? Me la ricordo? La posseggo davvero? Ho fatto mia quella disciplina o semplicemente sono sopravvissuto imparando quel minimo indispensabile che mi ha permesso di proseguire gli studi?
Se ho tanti dubbi, se non mi sento sicuro, se so di non sapere, non potrebbe essere una buona idea studiarla? Non posso fare il docente disponendo di una conoscenza paragonabile a quella che devo insegnare, bisogna che sia di più, conoscenza adulta, non infantile.” 

Ecco, questa è una delle frasi di Martha Isabel Fandiño Pinilla (grande studiosa di didattica della matematica) che mi ha proprio cambiato la prospettiva: io la matematica la conoscevo nel modo in cui mi è stata insegnata, ma non è sufficiente.

Serve conoscere come i bambini imparano meglio, quali errori possono fare e perché li fanno, quali posso evitare io, insegnante.

Sì, ho capito che in passato ho sbagliato molto e sto cercando di passare concetti in modo diverso. Non ho finito, ché mai si finisce di imparare, ma alcune piccole soddisfazioni me le sono prese e me le tengo gelosamente nel cuore.

Mai seguire un metodo, ma lavorare per esperienze significative per i bambini, facili da richiamare anche per l’insegnante: questo è fondamentale. I “metodi” che si autodefiniscono tali, vanno sempre filtrati alla luce critica di testi autorevoli di riferimento e, soprattutto, ne va considerata la parzialità. Cioè mi hanno insegnato che non è il caso di bersi tutto.

Infine:

“Preserva il tuo diritto di pensare,
meglio correre il rischio di sbagliarsi piuttosto che commettere il peccato
di non pensare.”

Ipazia d’Alessandria, 350/370 – 415 d.C.
E noi sbagliamo felicemente ogni giorno, mentre discutiamo.
Ci piace proprio sbagliare, perché sbagliando s’impara… tutti.

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