Kenosha – Il bullismo è una cosa seria

Ultima modifica 10 Ottobre 2019

Negli ultimi anni sempre più spesso ci capita di leggere notizie su episodi di bullismo. Non è una cosa nata ieri.
Ricordo che odiavo tornare a casa da sola dopo la scuola perché c’erano sempre ragazzini che mi tormentavano perché ero cicciona, avevo gli occhiali, i capelli rossi e le lentiggini… insomma ero la preda ideale.
Quelle rare volte che scorgevo la macchina di mia mamma venuta a prendermi, il mio cuore saltava di gioia. Ricordo una volta che mia mamma mi aveva regalato una gonna che mi piaceva molto. L’ho messa un giorno per andare a scuola e mi sono sentita tutte le prese in giro del mondo. Non l’ho mai più messa. Non l’ho mai raccontato a nessuno.

E’ di qualche giorno fa la notizia di una scuola di Kenosha in cui, durante una partita di basket, dei ragazzini prendevano in giro una bambina con la Sindrome di Down. I giocatori hanno fermato la partita per dire a quei ragazzini di smetterla.

Erano episodi di cui non si parlava molto a quei tempi. Non gli si dava peso. Finché qualcuno ha forse capito che invece sono episodi gravi. E che anche quando non sfociano nella violenza fisica, le conseguenze sono comunque permanenti.

Avendolo subìto ho cresciuto i miei figli dando loro un messaggio importante sul rispetto degli altri. Di qualsiasi colore abbiano la pelle, i capelli. Che siano sani o disabili. Ogni individuo è prezioso.

Stop al Bullismo
Stop al Bullismo

La prima volta che mi sono scontrata con questa realtà mio figlio era in 1^ elementare. Una mattina tutti i bambini stavano entrando e mio figlio resta incollato a me e mi dice “Aspetta! Faccio prima entrare Ricky perché lui picchia”. In quel momento la tigre che c’è in me stava per saltare fuori. Volevo entrare e andare a parlare con quel Ricky e magari suonargliene quattro. Ma un’altra vocina mi diceva di lasciar stare che deve imparare a cavarsela da solo. Allora ho spiegato a mio figlio che i bambini che fanno così, a modo loro, sono in cerca di affetto. E così mio figlio ha cercato un punto di contatto con quel compagno e, alla fine, in qualche modo, sono diventati amici. E le maestre che invece mi dicevano che non doveva stare con quel bambino, che era meglio starne alla larga.

Passano gli anni. Tanti. Arriviamo negli USA e vediamo che il problema è davvero molto sentito. Nelle scuole cercano di fare davvero di tutto per evitare il problema del bullismo. Ma ovviamente non è facile.

Ogni pomeriggio vado a prendere mia figlia a scuola ma quel pomeriggio aveva un’espressione strana. Le chiedo più volte se va tutto bene ma ogni volta lei mi risponde “Sì, va tutto bene”. Mah… eppure noi mamme le percepiamo queste cose. Chissà se mia mamma le ha mai percepite.

E’ solo il mattino dopo, mentre facciamo colazione, che prende il coraggio di raccontarmi che delle compagne di scuola l’hanno etichettata con parole sgradevoli e le hanno detto (traduco) “Questa è l’America e qui gli Italiani non sono i benvenuti. Quindi tu e la tua famiglia riportate il vostro “didietro” al vostro paese”. Ovviamente chi diceva queste cose ha una scarsissima conoscenza di storia e di civiltà. Non solo gli Italiani qui sono amati, ma è cosa nota che l’America è un paese formato da mille popoli e che è stato proprio un italiano a scoprire questo paese.

Le minacce sono andate avanti sotto forma di messaggini telefonici, appuntamenti per darsele e cose del genere.

Ho preso in mano la situazione rispondendo ad un messaggio dicendo “Sono la mamma di Francy. Ho lasciato un messaggio nella segreteria di tuo papà Ted per fargli vedere quanto è fornito il tuo vocabolario. E’ ora che la finisci”. E poi ho fatto bloccare i numeri queste ragazzine. Mi sono salvata tutti i messaggi.

Da quel momento è cominciato il mio pellegrinaggio per parlare con la Preside e la Counselor della scuola. Al momento loro vigilano sulla situazione. Fanno in modo che queste ragazzine non abbiano alcun contatto con mia figlia. Il prossimo passo è quello di andare alla polizia. Perché qui la polizia agisce subito su problemi di bullismo. Non si fanno pregare e non aspettano che succeda qualcosa di più grave.

Ma mia figlia da quel giorno è cambiata. La sua forza, la sua grinta ha cominciato a vacillare. La ragazzina sempre circondata da amiche che ogni weekend aveva amiche a casa o andava dalle amiche, ora è sola. E l’età (12 anni) non aiuta. A quest’età le ragazze sono cattive. Sanno ferirti nel profondo. E poi sono io che asciugo le sue lacrime, come ho fatto venerdì scorso.

Le conseguenze del bullismo lasciano ferite indelebili.

Spieghiamo ai nostri figli che è sbagliato e spieghiamo loro che se assistono a questi episodi devono subito parlarne. E’ un dolore anche per noi mamme che siamo impotenti. Perché la colpa è anche nostra: un bambino o una bambina che fanno bullismo, è un bambino a cui i genitori non hanno saputo dare quello di cui ha bisogno. E’ un fallimento dei genitori.

Renata Serracchioli

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