Se non paghi tuo figlio non mangia

Ultima modifica 28 Marzo 2013

L’altro giorno guardavo le Iene, il programma che nasceva tanti anni fa come uno spettacolo tv. Ora è un canale per avere le informazioni. Per conoscere le cose per come sono davvero. O, perlomeno, non filtrate e pilotate dai telegiornali come invece è palese che siano tutti i tg. Un’occhiata veloce ma efficace al pazzo e assurdo mondo in cui viviamo ogni giorno.

E, fra le tante assurdità e paradossi, ne ho scoperto uno nuovo. In alcune scuole di Vigevano il geniale sindaco ha tagliato i fondi che davano la possibilità alle famiglie in difficoltà di far accedere alla mensa tutti i bambini. Ma ora non più. Chi paga regolarmente la tassa scolastica per la mensa vi accede. Chi non paga o si porta il bambino a casa e lo fa mangiare lì oppure possono portarsi un panino, una bottiglia d’acqua e un frutto e mangiarli in un’aula qualsiasi in mezzo a banchi e lavagne. Nient’altro. Per cinque giorni alla settimana quello sarà il loro pranzo.

Passando sopra all’aspetto puramente nutrizionale ( che comunque ha una sua importanza visto che nutrirsi di panini cinque giorni alla settimana certo non si può definire mangiare sano o equilibrato per un bambino delle elementari. Non lo è per un adulto figuriamoci per un bimbo che deve ancora crescere! ) mi ha sconvolto e mi lasciata incredula la situazione emotiva che questi bimbi vivono giornalmente.

Io la chiamo discriminazione. Disuguaglianza sociale. Crudeltà emotiva. Tutte cose che dovrebbero essere ben lontane dalle mura scolastiche. Queste mura tanto bistrattate, con insegnati precari e abbandonati a se stessi, edifici spesso fatiscenti e non all’avanguardia né strutturalmente né tecnologicamente. Queste mura a cui mancano i fondi per rinnovarsi e crescere. E quindi per dare ai nostri figli la possibilità di avere un’istruzione e una conseguente e parallela crescita intellettiva ed emotiva.

Ci siamo passati tutti sui banchi e con il senno di poi mi rendo conto di quanto siano stati importanti per me, per la mia crescita. E non solo scolastica ma soprattutto interiore. Perché, se non altro, ci passiamo gran parte del nostro tempo per diversi anni. Ed è lì che impariamo a imparare ( passatemi il gioco di parole ). E’ lì che ci relazioniamo con gli altri, ci confrontiamo e ci scopriamo. Ci scopriamo leader  o timidi impacciati. Sportivi o topi di biblioteca. Stringiamo le prime amicizie, alcune se si è davvero fortunati durano tutta la vita. E in ogni caso restano nella memoria e nei cuori per sempre. Scene imbarazzanti, bigiate, falsificazioni firme varie, bigliettini copia compito di chimica e baci nei bagni compresi….Beh non fate quella faccia ognuno ha i suoi ricordi…

Ma torniamo a noi. A quei bambini la scuola da un messaggio ben chiaro.

Se i tuoi genitori non hanno i soldi non puoi avere quello che hanno gli altri. Discriminazione.
Se i tuoi genitori non hanno i soldi sei un cittadino di serie B. Disuguaglianza sociale.
Se i tuoi genitori non hanno i soldi sei emarginato, escluso. Crudeltà emotiva.

Il servizio prevedeva il colloquio con una Psicoanalista. Che ovviamente diceva quanto questa soluzione ( che soluzione non è ) sia dannosa per l’equilibrio emotivo e la crescita personale dei bambini. Rendendoli insicuri o, di contro, potenzialmente aggressivi nei confronti della spietata cattiveria dei compagni e in senso più allargato della società e le sue regole. Ho detto ovviamente. Ma potrei dire palese, banale e scontato. Ma non per il sindaco leghista Viviani. Non voglio far entrare la politica in questa storia ma uso questo termine perché, come potete immaginare, mi piaceva studiare chimica, per un motivo molto semplice: l’educato e convinto sindaco risponde nell’intervista che molte famiglie se ne approfittano, non pagano pur potendo o preferiscono fare altre attività e non pagare la mensa. E che questo non può andare a discapito di chi paga regolarmente. Sarebbe anche giusto. Se non fosse che non possono pagare tutti per gli errori di pochi. E soprattutto non possono certo pagare i bambini. Ma il sindaco non si ferma qui e aggiunge che bisogna tener conto che alle manifestazioni di protesta di insegnanti alunni e genitori, la maggior parte dei non addetti ai lavori era extracomunitario. Ah si, una precisazione ( non suffragata dalle riprese video tra l’ altro ) degna di nota, rilevante e fondamentale…? Ovviamente, palesemente no. Ma se chi decide dove tagliare fondi e per prima  cosa pensa di togliere proprio quelli per dare sostegno alle famiglie, presupponendo tra l’altro che siano in stragrande maggioranza per extracomunitari e quindi naturalmente furbetti…Beh… verrebbe voglia di lasciar perdere.

Se non fosse che sentire i commenti dei bambini privati del servizio sia uno di quei pugni allo stomaco che poi ci si mette un pochino a digerire…Anche se mai del tutto. E poi sale la rabbia.

Perché è incredibile privare dei bambini di un pasto caldo per cause che non dipendono da loro. La psicoterapeuta diceva che sono questioni così lontane dai bambini che non dovrebbero toccarli minimamente. E ha ragione. Spetta agli adulti, alla scuola e allo stato risolvere il problema.

Perché quello che le mura scolastiche dovrebbero insegnare, prima di tutto, è a diventare brave persone. Persone e cittadini di questo mondo. Ad avere rispetto delle cose e delle persone. Di tutte le persone. Di ogni colore, sesso e religione. E, ovviamente, stato economico e sociale. Ovviamente appunto…

La scuola dovrebbe attraverso l’istruzione e la conoscenza a capire. A ragionare e a partecipare. Partecipare a quello in cui si decide di credere e di essere. E sicuramente non a discriminare o far soffrire il prossimo. La società in cui viviamo e in cui i nostri bambini andranno, siamo noi a costruirla. Noi ne siamo responsabili e partecipi. E i messaggi che lanciamo chiari e forti lasciano un segno pesante sulla loro coscienza. Quindi quello che si sta facendo è davvero grave e contro qualsiasi progetto serio di crescita culturale, sociale ed emotiva.

Spero che le cose cambino, che si continui a lottare e che tutti i bambini, di tutti i tipi, colori e estrazione sociale possano andare a mensa e sedersi a mangiare insieme. Basta davvero poco buonsenso, ma questa parola sembra essere sconosciuta ancora a molti…Primo fra tutti al sindaco leghista Viviani.

Nathalie Scopelliti


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