Ultima modifica 24 Agosto 2020

Fino a qualche anno fa pensavo di vivere in una famiglia che aveva scoperto l’elisir di lunga vita: quando nacque mia figlia aveva ben quattro nonni e due bisnonne. Ma viviamo in un paese piuttosto piccolo, la vita è sana e tranquilla e certi brutti eventi sembrano accadere solo agli altri.

Questa situazione restò tale e quale per parecchi anni fino a quando mia zia, la sorella di mia mamma, si ammalò di tumore al seno e, dopo due anni, ne morì.

Mia zia non era anziana, ma neanche giovanissima, era in quell’età post menopausa in cui, purtroppo, i casi sono abbastanza frequenti, e poi il “non si controllava”, il “ce lo ha tenuto nascosto fino a quando non c’è stato nulla da fare”… molteplici scuse per giustificare una malattia che comunque aveva spazzato via gli equilibri precostituiti fino a quel momento.

mastectomia-preventiva

Dopo due anni si ammalò mia mamma. Carcinoma ovarico.

Tumore tanto poco conosciuto quanto inaspettato e pericoloso. Non a caso lo chiamano “il killer silenzioso”: si manifesta quando la situazione è già degenerata. E se il seno o l’utero può dare qualche speranza di “diagnosi precoce” con la mammografia o il pap test, il carcinoma ovarico è quasi sempre difficile da scovare e da capire.

Mia mamma, a differenza forse di mia zia, che aveva quel senso, tipico delle donne della mia famiglia, di rassegnazione e di patire il destino, sopportando e parlando poco, voleva curarsi. Abbiamo girato l’Italia, ogni venti giorni eravamo a Pavia, e poi a Milano, per consulti, chemioterapie, e non ero più madre per mia figlia, ma non ero neanche più figlia. Mi occupavo di mia madre come una madre e, con il senno del poi, ho capito che, prendersi cura di un malato, è un privilegio.

Fino a quando, a luglio dell’anno scorso, una dottoressa ci parla di BRCA1 e BRCA”: sono i nomi dei geni responsabili dell’ereditarietà del cancro al seno e dell’ovaio e di maggiore predisposizione a patologie oncologiche. La matematica e la statistica del rischio non dà comunque condanne senza appello: può darsi che la malattia non arrivi mai tanto che la donna viene lasciata libera nella scelta (anche se la chirurgia profilattica da “sane” è un’opzione che in Italia fa fatica ad entrare nella cultura e nella prassi medica).

Generalmente la donna è inserita in un programma di screening (che soltanto in pochissime Regioni sono erogati dal SSN; quasi sempre devono essere effettuati a pagamento). Attenzione: questa non è prevenzione ma “diagnosi precoce”. Significa sperare di individuare il tumore quando è ancora piccolissimo, in genere tra un controllo quadrimestrale e l’altro.

La chirurgia profilattica, invece abbatte al di sotto della media di una donna “normale” (circa il 5%) la possibilità di avere un carcinoma al seno e consiste nello svuotare la ghiandola mammaria ed inserire delle protesi.

Per l’aspetto ginecologico è possibile scegliere l’ovariectomia (che induce una menopausa improvvisa e deve essere quindi ponderato adeguatamente sulla base della mutazione e della storia familiare) o la salpingectomia (l’esportazione delle tube di Falloppio, poiché, in base a recenti studi, sembrano essere la sede dei tumori primari ovarici di tipo BRCA). Anche questo tipo di intervento azzera praticamente il rischio di malattia.

A maggio io ho scelto, per il momento, questa seconda ipotesi, mentre il 24 ottobre ho subito una mastectomia con ricostruzione immediata.

Le percentuali di avere un tumore nell’arco della vita sono in genere altissime per le donne BRCA: a me avevano dato un 60% al seno ed un 20% all’ovaio (e non sono neanche tra quelle che hanno percentuali altissime. C’è chi sfiora l’80%).

Il giorno che mi hanno consegnato il referto ho visto che era datato il giorno prima della morte di mia madre.  E come probabilmente mia zia. E forse come mio nonno, che, essendo maschio, non ha sviluppato la malattia.  E chi sa da quanti anni questo gene impazzito aveva fatto vittime nella mia famiglia, senza che si potesse fare niente.

Durante i due anni (durissimi) di malattia di mia mamma mi ero documentata, avevo letto ed avevo già fatto le mie scelte. La consapevolezza il primo passo. Io avevo avuto la fortuna di saperlo da sana. Mia madre, mia zia e forse altre donne della mia famiglia sono andate dritte verso il loro destino riproducendo tutte lo stesso comportamento: quello di una femminile e silenziosa rassegnazione.

Io potevo spezzare la catena, chiudere il cerchio. Almeno per ciò che mi è dato sapere.

La ribellione è sempre stata una parte di me: rimanendo incinta prima del matrimonio, convivendo, non sposandomi mai in Chiesa, ho di certo spezzato una tradizione culturale che era tipico della mia famiglia.
Questa ribellione è stata silenziosa: ho deciso io da sola,gli altri sono venuti dopo.
Mio marito è venuto dopo nella scelta di avere un seno diverso, di avere delle cicatrici, di magari non piacere più.

Mia figlia forse è venuta prima: come madre sento il bisogno di preservarmi e di starle accanto più tempo possibile: almeno per quello che la scienza, con i dati attuali, mi permette di sapere.

Per molti sono una persona molto coraggiosa, la scelta è stata mossa da coraggio sì, ma anche da paura,rabbia, disperazione e da tanta consapevolezza.

La mia scelta non è l’unica, ma per me la migliore.
I controlli serrati non potevano darmi la serenità necessaria ed era una “non vita”.
Oggi per me c’è una seconda vita, una rinascita: chi ha sperimentato la malattia probabilmente ha passato una vita senza la paura di ammalarsi, io ho affrontato il percorso inverso. E la scelta chirurgica, seppur drastica visto che si va a togliere un “pezzo” sano del corpo, abbatte, avvicinando la percentuale allo 0%, la percentuale di malattia che, per la nostra specifica malattia, è altissima.

Il risultato fortunatamente è molto bello: sono stata, in questi nove mesi, supportata da un gruppo di donne mutate (l’Associazione Onlus aBRCAdabra), con cui ci siamo scambiati pareri, consigli, ma soprattutto fatte forza in momenti in cui la scelta è davvero difficile.

Ho scelto un plastico che mi ha seguito tutto l’intervento e ricostruito un bel seno, anche migliore del primo. Certo, ci  sono le cicatrici, ho perso la sensibilità, ma mi abituerò. Questa è la mia nuova immagine e la mia forma.

Della mutazione e del mio intervento ne ho pudore, ma ne parlo il più possibile: alle donne che hanno una familiarità nella loro famiglia o una parente diretta ammalata di carcinoma ovarico o al seno dico di informarsi e possibilmente accedere al test genetico, se i casi in famiglia sono numerosi.
E di informarsi sulle varie possibilità: sulla sorveglianza ma anche sulla chirurgia profilattica che sicuramente sarà più osteggiata rispetto alla prima ipotesi.
Non fermatevi a ciò che vi dicono, ascoltate la vostra psiche ed il vostro corpo: sapere è potere.

Maestra, mamma, donna con mille interessi ed attività ... non necessariamente in quest'ordine! Motto della vita: Ama e fai quel che vuoi ... per tutto il resto c'è tempo

6 COMMENTS

  1. Cara Arianna, complimenti, un bellissimo racconto. Mi sono rivista in molte tue frasi. Un abbraccio. Alessandra

  2. Ciao Arianna! Il tuo articolo è molto chiaro dal punto di vista scientifico …brava!
    Noi abbiamo condiviso le giornate post intervento e io,essendomi già ammalata e avendo già fatto un percorso oncologico completo, mi sento di appoggiare completamente e in piena serenità la tua scelta…perché le donne BRCA mutate si ammalano veramente e il problema a oggi è ancora sottostimato!
    Ti abbraccio forte
    Erika

  3. Mi hai fatto piangere e non capitava da tanto tempo!
    Io Brca2 operata a maggio dell’anno scorso a ovaie e tube e poi mastectomia bilaterale a settembre con due interventi per preservare il capezzolo.
    Ora convalescente dopo secondo intervento di ricostruzione
    A chi mi chiedeva come’era io rispondevo che tirava vento ma che conservavo l’equilibrio!
    Condivido tutto quanto hai scritto riga per riga e parola per parola. La scelta è personalissima ma l’informazione deve d’essere alla portata di tutti perché solo ben informati si può davvero scegliere.
    “Ciò che avviene conviene” recita un vecchio adagio! E posso dire di aver imparato da questo percorso e di aver incontrato persone meravigliose.
    Mi piacerebbe impegnarmi per aiutare chi si trova perso con lo stesso dilemma.
    Mi informerò sull’associazione
    Grazie bello averti letto!

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