E se la spesa non la facessimo più al supermercato?

Ultima modifica 3 Marzo 2020

Andare a fare la spesa con i figli al seguito non è per nulla un’esperienza facile.

Se volete fare la prova del nove, mandate marito e figli al supermercato.
Sono sicura che torneranno a casa con metà di quello che voi avevate segnato nella lista ma con il doppio di cose inutili. Io non ho mai avuto nessuno che potesse darmi una mano nelle faccende pratiche da quando sono mamma.
Chiedere a mio marito di andare a prendermi gli assorbenti, dopo dodici ore di lavoro mi sembrava di sparare sulla croce rossa (anche se dopo il secondo figlio tirava sempre un bel sospiro, una volta al mese!).

Così, armata di cambio pannolini al seguito e con la tetta sempre pronta all’allattamento, andavo al market piena di energia, con tanta voglia di dimagrire e quindi pronta all’ennesima svolta salutista della mia vita.

Quando i figli sono piccoli, è difficile fare scorte proprio per una questione logistica.
Vesti prima loro, cerchi di sistemarti e di sembrare una persona normale, prepari la borsa sperando di non dimenticare il bancomat e la pomata per i rossori e poi… è già ora di cambiare uno dei pupi sicuramente.

Merenda e poppatina, quindi si parte (con un’ora di ritardo cronico). Uno o due figli nel carrello, che lottano tra chili di frutta e i rotoli imponenti di carta igienica e un altro nel marsupio (per le antiche come me) o il mai-tai (per le vere mamme eco sostenibili).

Il mio piccolo dormiva sempre mentre facevo la spesa, si svegliava solo in cassa.
Ovviamente per darmi quel brivido in più e quell’effetto sorpresa che rendeva l’avventura sempre più frizzante.
Ci mettevo ore a fare la scorta mensile, ma la fretta e le preoccupazioni della serie “non ce la farò mai” non fanno parte del mio carattere. Per fortuna.

Quando i figli sono cresciuti di qualche decina di centimetri e hanno cominciato a frequentare l’asilo, le cose sono ben cambiate. In peggio ovviamente. Hanno iniziato a riconoscere i personaggi tanto nominati dai compagni di classe, a chiedere di vedere certi cartoon e hanno scoperto il famoso packaging baby appealing ovvero la tecnica di pubblicizzare gli alimenti per bambini con i loro personaggi preferiti.

Non mi disturba questo tipo di manovra pubblicitaria.
Mi rendo conto che ogni grande ditta cerchi di ingegnarsi per vendere il più possibile e sono anche consapevole che tanto questo tipo di prodotto può essere acquistato solo dalla classe medio alta, visto che ha un costo spropositato rispetto al contenuto.

Quello che non sopporto è l’associazione tra junk food e questi prodotti brandizzati.

Possibile che non si possa rendere appetibile qualcosa di sano e dare un messaggio positivo anche utilizzando un mezzo così potente come la televisione?

Anche se non ci piace il sistema, magari usiamolo a nostro vantaggio, un po’ sullo stile del buon vecchio Braccio di Ferro (a proposito, che fine ha fatto?)

Dopo tanti anni mi sono imposta una scelta radicale: al supermercato non ci vado più.
Alla fine compravo solo un milionesimo di quello che mi veniva proposto e saltavo la maggior parte delle corsie.

Quindi, visto che tanto la situazione non è cambiata e porto sempre con me i figli a fare la spesa, adesso utilizzo questo momento anche per stare insieme, educarli al gusto e sviluppare la capacità critica di comprare, sperando che torni loro utile in una società consumista come la nostra.

Ora noi andiamo al panificio a comprare il pane, in macelleria per la carne, dal pescivendolo per i prodotti del mare, dal fruttivendolo per la frutta e la verdura.

Ma ci vuole tanto tempo a disposizione e mi rendo conto che questo è un vero lusso che non tutti si possono permettere.

Almeno quando questo non è possibile, cerchiamo di spiegare ai nostri figli che la salute passa soprattutto per il piatto e che a volte, per fare la cosa giusta, bisogna avere un’enorme forza di volontà. Grande quanto l’amore per noi stessi.

Sara Uliana

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