Educare all’arte. Il mio sogno che si avvera

Ultima modifica 18 Giugno 2018

Mi chiamo Pamela, 38 anni, vivo da più di vent’anni a Roma e ho una splendida bimba di 4 anni.

Da poco più di un mese ho dato vita ad un progetto in cui credo molto: ho aperto la partita IVA e mi propongo come operatrice didattico-culturale.

pamela educarte

Progetto laboratori per bambini, abbinando spesso la lettura di albi per l’infanzia ad attività che richiamino i personaggi protagonisti della storia.  Tante volte questo è il pretesto per avvicinare i bambini a tecniche artistiche quali il graffito, la texture, lo stencil, la timbratura.
Ma questo è solo l’inizio e spero di cimentarmi insieme a loro in proposte più ambiziose ma che hanno anche bisogno di essere calibrate bene.
La definizione di operatrice didattico-culturale mi sembra insolita, applicata al mio percorso, mi piace piuttosto definirmi divulgatrice d’arte.
Perché solo con il tempo ho capito che quello che veramente mi piace fare è l’avvicinare all’arte le persone con contenuti curati in base al pubblico che ho davanti.
E ho anche capito che il mio pubblico di elezione è quello dei bambini. Se prima di essere mamma era solo una propensione, dopo molto tempo trascorso ad osservare i bambini e ragionare con le loro giovani e fresche menti ne ho avuto la consapevolezza.

Il mio percorso di studi conta una laurea magistrale in Storia dell’Arte e un master in Mediazione culturale nei Musei.
Come tanti miei colleghi di belle speranze abbiamo assistito e partecipato ad un grande paradosso di questo settore, soprattutto se si parla di Roma: a tanta ricchezza di monumenti, non corrisponde un’altrettanta possibilità di lavorare per la loro tutela, conservazione e valorizzazione. O almeno, è un settore che si avvale pesantemente del volontariato retribuito circa un terzo di quanto percepito dai dipendenti, e questo non permette di poter dare un contributo dignitoso al menate familiare.

Dopo tre anni e mezzo di volontariato senza alcuna sicurezza di essere stabilizzata, ho pensato che fosse venuto il momento di ampliare la famiglia, anche se sapevo che non ci sarebbe stato un lavoro ad attendere il mio ritorno.

Quello che non mi aspettavo sono state le forti frizioni che ho avuto con mio marito, proprio perché, secondo lui, avevo desiderato essere mamma senza considerare che avrei dovuto farlo solo con una stabilità alle spalle.
Ed è stato un braccio di ferro continuo con il suo scetticismo sulle dinamiche del mercato del lavoro (come dargli torto) ma soprattutto sul mio potenziale.

pamela educarte

Ho iniziato a dubitare delle mie capacità, alternando momenti in cui ero certa che sul mio campo, nel mio piccolo, potevo fare la differenza ed altri in cui mi sentivo una totale incapace. Non avevo mai smesso però di coltivare i miei interessi sulla divulgazione dell’arte, entrando in contatto, tramite i social, con gruppi e pagine di riferimento nel mio settore.
Poi, come la manna dal cielo, è arrivato la scorsa estate un bando indetto dalla Regione Lazio rivolto al ricollocamento lavorativo di mamme disoccupate.  I requisiti li avevo tutti e sono stata una delle prime ad iscriversi.

Ho dovuto aspettare, impaziente, diversi mesi, senza sapere bene cosa fare, se muovermi nel frattempo per conto mio. Poi a febbraio di quest’anno la convocazione al centro per l’impiego per sottoscrivere il patto e la scelta di presa in carico da parte di un’agenzia del lavoro. La mia scelta era ricaduta su Work Experience e lì ho trovato persone che non mi hanno solo seguito, ma anche sostenuto e incoraggiato a prendere decisioni che considerassero quali erano le mie vere esigenze.

Mi sento di condividere un loro pensiero: lavorativamente parlando si fa la differenza nel momento in cui ci si impegna in attività che soddisfano le proprie attitudini e che conseguentemente daranno gratificazioni. Così, anche se sapevo che in famiglia avrebbero caldeggiato per una posizione di lavoro dipendente, alla fine ho capito che le mie attitudini come la creatività e l’attenzione verso i miei clienti potevano trasformarsi nel lavoro dei miei sogni.
Alla fine ho rotto gli indugi e ho scelto di intraprendere un lavoro autonomo (beneficiando per l’assistenza fiscale e per il sostegno morale dell’agenzia di lavoro).

La mole di lavoro per avviare proficuamente la mia attività è ancora tanta, a volte mi sembra veramente dura conciliare gli impegni di casa con la nuova routine lavorativa, ma pian piano sto trovando un equilibrio.

E poi indubbiamente mi piace ciò che propongo.
Cerco di individuare tra gli albi per l’infanzia storie che siano facilmente comprensibili ma allo stesso tempo che veicolino messaggi importanti.

Una volta trovati, abbino attività che possano rafforzare il legame con i protagonisti, privilegiando l’aspetto estetico e creando un approccio alle tecniche artistiche. Per ora ho circa una ventina di laboratori pronti, ma sono sempre disponibile a cogliere la sfida e cimentarmi su nuove tematiche, anche su richiesta.
E il mondo dell’editoria per bambini è un dinamico e stimolante, sempre pronto a solleticare la mia curiosità.
Proprio quello che chiedevo al mio lavoro dei sogni, qualcosa di non troppo routinario che aiutasse a creare buone pratiche.
Per chi fosse interessato alle mie proposte e ai miei appuntamenti, può seguirmi sulla pagina Facebook di riferimento: Pamela D’Andrea – educarte.”

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