Kenosha – I bambini stranieri a scuola

Ultima modifica 10 Ottobre 2019

Arianna qualche giorno fa ha scritto un articolo sull’integrazione dei bambini stranieri nella scuola italiana. La ringrazio perché ci ha offerto un ottimo spunto di riflessione. Dico CI perché nella mia riflessione ho coinvolto anche i miei figli.

Alcuini anni fa passammo 2 settimane a Detroit. Sembrava dovessimo trasferirci in quell’area quindi dedicai del tempo per la ricerca di una scuola dotata di un buon programma ESL (English Second Language) per i miei figli. Una delle scuole che visitai separava i bambini stranieri da quelli Americani per i primi 5 mesi. E dopo questi 5 mesi i bambini avrebbero cominciato a stare con gli altri ma solo durante il pranzo. Sembrava un’ottima proposta.

Non se ne fece niente.

Quando poi arrivammo qui, la proposta era completamente differente: i bambini sarebbero stati messi in classe con gli altri bambini Americani ma avrebbero avuto a disposizione un servizio di Tutoring.

Sono passati ormai 3 anni scolastici completi da allora. Ho fatto leggere l’articolo ai miei figli e poi ho chiesto loro cosa avrebbero risposto ad Arianna: secondo voi sarebbe meglio mettere i bambini stranieri in classi separate?

Certo che sì… se vuoi essere sicuro che i bambini non imparino mai la lingua e che non si integrino nella comunità con gli altri bambini. E’ così. La lingua non si impara tanto ad ascoltare un insegnante che butta giù una serie di numeri o concetti storici o letterari. La lingua la impari interagendo coi tuoi coetanei.

Tutti per uno, uno per tutti

E’ un dato di fatto: se tu metti in un’aula separata 6 bambini di varie nazionalità che devono imparare una lingua straniera, e altri 6 insieme ad altri bambini italiani, i secondi la impareranno prima.

Frustrazione? Certo! Per 4 mesi, ogni sera io asciugavo le lacrime dei miei figli. Alla fine di una lunga giornata di studio e di lotta con una lingua che non era la loro, la fatica e la frustrazione venivano liberati con dei bei pianti. Ma sapevo che ne sarebbero usciti vincitori. Sapevo che la meta si avvicinava e che a breve sarebbero stati al pari dei loro compagni. E vi garantisco che ora mi ringraziano.

Merito anche di insegnanti e compagni che hanno saputo accoglierli e integrarli.

Il problema di quel bambino non è la lingua, ma la non presenza dei genitori. Quello è un altro discorso. Se quel bambino scoppia a piangere, il suo pianto va consolato con un abbraccio e gli va spiegato che ce la farà. Certo sarebbe utile avere il supporto di qualcuno che parli un po’ la sua lingua.

Ma non isoliamo gli stranieri. Perché, ve lo assicuro, sentirsi integrati in un paese straniero con una cultura tanto diversa dalla tua, è sicuramente difficile, per non dire impossibile. Se poi li isoliamo proprio a scuola dove dovremmo insegnare l’integrazione e l’accoglienza, allora sarebbe un gran fallimento sociale.

L'integrazione comincia a scuola
L’integrazione comincia a scuola

I bambini, soprattutto alle elementari e alle medie, hanno ancora bisogno di una guida. Sono ancora fragili e non sanno bene come funziona la società. Se la scuola trasmette loro il messaggio sbagliato, isolando gli stranieri, loro continueranno ad isolarli. Non è questo che vorrei. Non è questo che hanno imparato i miei figli. Sia l’insegnante per primo a fare un passo verso i bambini stranieri per integrarli. Ricordiamoci poi che anche i bambini italiani hanno tanto da imparare dagli stranieri perché gli stranieri sono sempre portatori di cultura.

 

Renata Serracchioli

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