Voto in condotta: niente più numeri, meglio spiegarsi a parole

Ultima modifica 20 Giugno 2019

E’ sparito il voto in condotta alla secondaria di primo grado (scuola media)!
Lo slogan del momento: a cadenza settimanale la stampa ne tira fuori uno.

Leggendoli tutti, Il Sole24ore è il quotidiano che lascia meno spazio alle interpretazioni e si attiene a ciò che è: un cambiamento che non porterà alla perdizione scolastica dei ragazzi, ma un passo necessario ad un’evoluzione, già partita con le Indicazioni Nazionali del 2012 (che mi piacciono tanto, ma proprio tanto)

In realtà “l’allarme” è scattato ad aprile (decreto 62), ma ancora tutto ok, potete respirare.

Sì è vero, il voto di condotta non sarà più un numero, ma un giudizio sintetico (Ottimo, distinto, buono, sufficiente…)  che sarà sempre raggiunto collegialmente.

voto in condotta

Per questo non potrà più fare media, come accade da sempre alla scuola primaria (ma non per questo non c’è attenzione al comportamento!)
Credo (nonostante come insegnante abbia trovato nelle riforme tanti buchi neri) che si stia percorrendo una nuova strada forse, “pedagogicamente”, più motivata di altre.
Un numero è già stretto per condensare 4 mesi di  matematica sulla scheda di valutazione, figuriamoci se non lo sia  per definire il comportamento di un ragazzo.

Una parola è meglio?
Mah, non credo proprio.

Infatti c’è dell’altro perché se è da tempo indefinito che si dice che la valutazione deve avere un valore formativo, ora diventa proprio realtà scritta e regolativa.
Accanto al giudizio sintetico c’è una certificazione delle competenze, sperimentale dal 2015, ma già testata in passato da diverse scuole, che completa il quadro.

Le parole del MIUR sono più significative delle mie e (ma stranostrano eh) mi trovano completamente d’accordo: “La scheda (certificazione delle competenze) affiancherà e integrerà il documento di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli alunni. Con la Certificazione delle competenze, infatti, gli apprendimenti acquisiti dagli alunni nell’ambito delle singole discipline vengono calati all’interno di un più globale processo di crescita individuale. Non è importante accumulare conoscenze, ma saper trovare le relazioni tra queste conoscenze e il mondo che ci circonda con l’obiettivo di saperle utilizzare e sfruttare per elaborare soluzioni a tutti quei problemi che la vita reale pone quotidianamente.” (Focus del 17 febbraio 2015)

La certificazione verrà consegnata a fine quinta primaria e a fine terza secondaria di primo grado, ma da quest’anno comunque si farà in tutte le classi proprio perché vuole monitorare un processo.
Riflettendo da insegnante penso che se lo studente deve acquisire conoscenze, non tanto per un conoscere fine a se stesso, ma per spenderle in situazioni nuove arrivando ad essere capace, nella migliore delle ipotesi, di “istruita creatività”, la valutazione deve essere all’altezza e quella del comportamento non può certo ridursi semplicisticamente a “non disturba in classe quindi tutto ok”.

Insomma l’educazione, la capacità di interagire collaborando con gli altri, il rispetto di persone e cose, la capacità di adeguare il proprio atteggiamento e comportamento all’ambiente vissuto, la capacità di accettare e rispettare le idee di altri, non può essere rivelato da un numero in quanto, innanzitutto, è un processo in continua evoluzione.

Un esempio di indicatore rispondente alla voce Competenze sociali e civiche è: Ha cura e rispetto di sé e degli altri come presupposto di uno stile di vita sano e corretto. E’ consapevole della necessità del rispetto di una convivenza civile, pacifica e solidale. Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.

Parallelamente alla stesura della certificazione, le commissioni  dei vari istituti lavorano per dare alla valutazione delle abilità e delle conoscenze disciplinari una notazione sempre più trasparente e affidabile in modo che le famiglie possano comprendere in modo profondo come prosegue il percorso formativo del bambino o del ragazzo.

voto in condotta

Diciamo che si sta lavorando su più fronti per evitare dispersioni di energia e tanto improbabili quanto dannose interpretazioni. Il lavoro non è ovviamente semplice, ma mi piace pensare che per una volta gli insegnanti, quelli che non ascolta mai nessuno, hanno grande voce in capitolo.

Che sia tutto perfetto?
No. I cambiamenti non sono mai indolori.

Però, se posso esprimere un’opinione, per quanto possa valere, il voto in condotta era un numero pericoloso il cui uso dipendeva molto dalla situazione, dall’obiettività o meno dei consigli di classe, dall’idea di scuola che prende forma in un istituto scolastico e le sfumature, le crisi e le riprese, i punti forti e i punti deboli, le competenze sociali… in quell’8 rischiavano di perdersi e di perdere significato.

Secondo me, poi, la motivazione allo studio non deve essere sottoposta ad una minaccia (se non studi e ti comporti male prendi 6 che ti abbassa la media, oppure prendi 5 e ripeti l’anno) ma ad una presa di consapevolezza di necessità di impegno da parte di genitori e ragazzi.

Perché basta pensare che la scuola debba risolvere problemi comportamentali, di bullismo, di vandalismo, di fragilità completamente da sola.
E’ ora che come genitori veniamo posti di fronte ad una declinazione di obiettivi che è necessario raggiungere, e che interveniamo puntualmente qualora ce ne fosse bisogno… perché i figli sono nostri.

E’ una spinta a rivalutare in positivo il rapporto scuola-famiglia.

Chi ci credeva anche da prima del 13 aprile 2017 (parlo sia di insegnanti che di genitori) ora ha uno strumento in più; chi non ci credeva, secondo me non ci crederà nemmeno ora.
Ma essere ottimisti fa parte della professionalità docente.

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