Come affrontare la fase “odio” del pannolino

Ultima modifica 16 Gennaio 2017

Mi ero quasi dimenticata di questa fase della vita di un bambino, quella in cui il momento del cambio del pannolino diventa una sorta di lotta perché il bimbo ha deciso che il pannolino potrebbe stare attaccato al suo culetto per un numero inimmaginabile di ore perché lui, di essere messo sul fasciatoio, non ne vuole proprio sapere.

pannolino

E se per un fortuito caso la mamma riesce a vincere la lotta e a metterlo con una subdola mossa sul fasciatoio? Apparentemente lui sembra tranquillo ma appena si ritrova in posizione supina la lotta ricomincia: calci, sgambettamenti vari (a volte anche contro la pancia della mamma) e il momento del cambio, che dovrebbe essere un momento tranquillo, quasi piacevole, diventa un momento di lotta continua, di urla, al punto che i vicini si sentono “quasi legittimati a chiamare il Telefono Azzurro” pensando a quali torture il piccolo venga sottoposto più volte al giorno, e invece si tratta solo ed esclusivamente di un gesto che dovrebbe essere, veloce e naturale.

Noi questa fase la stiamo attraversando proprio ora: il cambio del pannolino è spesso una lotta che comincia già dal momento in cui io mi appresto ad annunciare a mia figlia che è giunto il momento in cui il pannolino va tolto e lei,k puntualmente, mi risponde con una serie di no (vero è che non ha ancora imparato a dire si) poi inizia a scappare da me e se il padre è in casa prova a cercare aiuto in lui, sperando di convincerlo a fare quello che desidera lei e cioè non togliere il pannolino sporco!

Però spesso capita che con lui lei si lasci cambiare.

Io credo dipenda dal fatto che, non vedendolo per tutto il giorno, ed essendo molto attaccata a lui (come penso la maggior parte delle bambine in questa fascia di età), si lasci mettere sul fasciatoio con una facilità maggiore di quella che invece non riesco ad ottenere io proprio perché è una cosa che le chiedo di fare più volte nel corso di una giornata.

cambio pannolino

Però non è che nel momento in cui lui riesce nell’intento io mi possa rilassare, perché non appena riesce a metterla in posizione supina io sono nuovamente chiamata in scena (troppo facile se no, vero?).

Questo però comporta la presenza di tutti e tre perché, anche se “subentro” io, la piccola non permette a lui di andarsene e così la trafila è la seguente: mamma che procede al cambio e papà che fa da supervisore perché se prova ad andarsene lei ricomincia a strepitare e a calciare.

Se devo essere sincera io preferisco essere sola ad affrontare questo momento perché, anche se le difficoltà iniziali sono parecchie, poi un modo per fare “quello che voglio io” lo trovo sempre anche a costo di farla piangere e urlare perché credo sia giusto che lei inizi a capire che non si può sempre agire come vuole lei, si è vero è piccola e quindi non è piacevole sentirla piangere e urlare, ma forse anche questo è un modo per iniziare ad educarla. 

Almeno io la penso così,  perché in fondo per me questo altro che non è che un capriccio e la prova è il fatto che se riesco a distrarla inventandomi un gioco, lei cambia velocemente umore e atteggiamento!

Sto agendo in maniera sbagliata?

Sinceramente penso di no, prova ne è il fatto che spesso, al termine di questo trattamento, mia figlia non con le parole (anche perché il suo vocabolario è ancora molto molto limitato) ma con un abbraccio, mi da prova di affetto quasi a volermi dire “mamma ti voglio bene” e questo per me è sufficiente.

Laura Zampella

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